Bimbo nato morto, ginecologo a processo

I fatti risalgono al 2012: il professionista non ritenne di intervenire con un cesareo per salvare il piccolo
Di Vincenzo Compagnone

Anche se, a rigor di protocollo, il Punto nascita di Gorizia non era attrezzato per il parto di feti di età inferiore alle 34 settimane, quella tragica sera del 7 settembre 2012 il dottor Carmelo Castello, ginecologo di turno, sarebbe dovuto intervenire d’urgenza con un taglio cesareo per far nascere il piccolo Jacopo – il bambino mai nato – la cui madre alla trentatreesima settimana e 6 giorni di gravidanza, si era presentata in reparto accusando forti dolori al ventre. Oppure, in subordine, avrebbe dovuto disporre il trasferimento “protetto” della donna, a bordo di un’ambulanza medicalizzata, in un centro di terapia intensiva neonatologica. È stata questa la valutazione che, nel processo a carico del medico (imputato di concorso in procurato aborto e omissione di soccorso) i consulenti di parte civile hanno dato ieri a proposito dell’operato dello specialista goriziano che invece consigliò alla donna di recarsi al più presto, con i propri mezzi (cioè sull’auto guidata dal marito) all’ospedale di Padova il cui Centro gravidanze a rischio già seguiva il caso in quanto il feto era affetto da una grave malformazione cardiaca.

Cosa che poi avvenne, con la perdita di tempo prezioso, tant’è che il bimbo nacque morto nel nosocomio patavino per anossia dovuta al distacco della placenta. I dottori Barbara Bonvicini, che a Padova presenziò alle attività di consulenza sul feto morto disposte dal Gip, e Giuseppe Giglietta, ginecologo a San Donà di Piave (ospedale assimilabile a quello goriziano), davanti al giudice monocratico Andrea Comez (che ha ereditato il processo dalla collega Bonasia, in maternità dal primo giugno) hanno reso delle testimonianze in linea con la tesi accusatoria del pm Valentina Bossi e dell’avvocato di parte civile Laura Luzzatto Guerrini, tesi secondo la quale Castello, peraltro ginecologo di notevole esperienza, sottovalutò o non diagnosticò attentamente le condizioni della donna e del feto. La difesa, sostenuta dall’avvocato Livio Lippi, affiderà la replica nella prossima udienza (la quarta) fissata per il 26 settembre, a due propri consulenti in aggiunta ad altri due testi. E chissà che, in un processo che si preannuncia ancora lungo, non ci scappi la decisione di nominare un superperito.

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