Bimbo scappa da casa e si perde, il racconto dei volontari: "Eravamo fuori casa nonostante la quarantena perché era la cosa giusta da fare"

“Quando ho capito che avevamo trovato il piccolo e che stava bene mi sono commossa. Non potevo piangere per non spaventarlo. Ma è stato uno dei momenti più belli della mia vita”. Isa Manarin è uno dei due residenti di Vajont che mercoledì notte ha trovato tra i campi del Maniaghese il bambino di tre anni, scomparso ore prima dal paese.
Insieme a lei c’era Matteo Mazzucco, un giovane che come Isa si era spontaneamente messo alla ricerca del compaesano. I due si sono incrociati per caso dopo aver deciso autonomamente di uscire di casa pur di aiutare i soccorritori ufficiali.
L’istinto di madre ha portato la Manarin a pensare che il bambino potesse essersi diretto al Dandolo. Ed è effettivamente qui, a quasi 4 chilometri di distanza, che il piccolo si era recato nelle tre ore del suo allontanamento. “Mi batteva il cuore in gola – ha raccontato l’abitante di Vajont -. Pensavo alla strada trafficata che occorre attraversare per spingersi in direzione delle campagne. Mi veniva in mente il canale che costeggia la zona e che non è recintato, gli animali selvatici, i mille pericoli della notte. Mi sono detta che non potevo restare con le mani in mano. Ho preso delle torce e mi sono incamminata. Dopo qualche chilometro ho incontrato Matteo e ci siamo uniti in gruppo”.
I due hanno superato alcune aziende agricole e decine di appezzamenti coltivati tra i magredi del Cellina e l’impianto della Bioman. Poi l’intuizione di mamma. “Ad un certo punto il terreno cambia pendenza e si spinge sul greto a gradoni – hanno raccontato i due cittadini -. Abbiamo visto dei cespugli in basso rispetto al sentiero e istintivamente li abbiamo illuminati con i telefonini. È stato in quel momento che dalla vegetazione ci è parso di udire una voce, quasi un richiamo. Dopo alcuni tentativi tra il buio e il suolo accidentato abbiamo intravvisto il piccolo, infreddolito ma abbastanza sereno. Non era facile scorgerlo, anzi, dalla strada era praticamente impossibile”.
I due hanno allora tranquillizzato il bimbo escludendo che si fosse fatto in qualche modo male durante la lunga camminata. La Manarin lo ha preso in braccio dicendogli che lo avrebbe riportato dai genitori. Nel frattempo con i telefonini sono stati avvisati i familiari e i soccorritori. Una volta riconsegnato alla mamma, il bimbo ha chiesto del latte e si è addormentato. A casa la guardia medica, allertata preventivamente, ha escluso ferite o traumi.
“È un qualcosa di straordinario che non dimenticheremo mai ma che dimostra che non si deve mai perdere la speranza”, ha concluso la signora che non vuol sentir parlare di “eroi”. “Io e Matteo non volevamo nemmeno che si sapesse del nostro intervento – è stato il messaggio finale -. Non abbiamo fatto altro che il nostro dovere. Se si fosse trattato dei miei figli, la gente di Vajont si sarebbe comportata allo stesso modo. Vedere che tutte le famiglie del paese si sono mobilitate perlustrando vie e prati mi rende orgogliosa. L’importante è che ora tutti possiamo festeggiare il bimbo, sano e salvo”. Sui social l’evento è stato commentato migliaia di volte e c’è chi ha parlato di un autentico miracolo vista la distanza percorsa dal bimbo nel buio pesto e tra insidie più grandi di lui, compresa la presenza ormai stanziale di un branco di lupi che da due anni gravita nella zona del Dandolo di Maniago.
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