Bitcoin, creato da un anonimo inventore è il denaro virtuale più diffuso

UDINE. Molti fanno ancora fatica ad utilizzare i bancomat preferendo la tradizionale moneta sonante. Altri stentano a capire la differenza tra carte di credito e di debito. Eppure, tutti questi sembrano ormai metodi di pagamento obsoleti, visto che stanno cedendo sempre più il passo alle “criptovalute” o “criptomonete”.
Addirittura una trentina circa, ognuna con diverse caratteristiche e controlli per lo più derivati o simili a quella più diffusa e conosciuta, il bitcoin. Ethereum, ripple, litecoin, monero, iota, cardano, stellar, bitcoin. Potrebbero sembrare nomi di nuove costellazioni, in realtà si tratta di valuta vera e propria, ma non nel senso in cui siamo abituati a pensarla e utilizzarla.
In estrema sintesi si tratta di moneta “nascosta”, nel senso che è visibile e, quindi utilizzabile, solo conoscendo un determinato codice di accesso informatico. Si scambia per via telematica in modalità peer-to-peer, cioè tra due dispositivi - leggasi computer per semplificare - senza necessità di intermediari per acquistare beni e servizi, da un disco o a un paio di scarpe, al pagamento di una polizza assicurativa o di una semplice piega dal parrucchiere, fino alla prenotazione di un pranzo.
Come accennato, la più diffusa e conosciuta è il bitcoin. I soldi materialmente non esistono e possono essere controllati e scambiati soltanto attraverso computer e server sparsi in internet. Il che li rende non tracciabili e immuni da sequestri, falsificazioni e distruzioni. Già la sua origine cela un velo di mistero, visto che 10 anni fa fu creata da un anonimo inventore noto con lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto.
A fine 2008 lo stesso Nakamoto presentò su internet la sua idea e l’anno dopo distribuì la prima versione del software. Per chi consultava ieri il web, un bitcoin valeva precisamente 11.760 dollari o 10.404 euro.
Lo spirito insito in questo tipo di moneta è l’open source, ovvero la sua progettazione è pubblica, nessuno possiede o controlla bitcoin e tutti possono prendere parte al progetto, consentendo «utilizzi entusiasmanti – si legge sul sito internet ufficiale – che non potrebbero essere coperti da nessun altro sistema di pagamento precedente».
La “criptovaluta” da alcuni è vista positivamente come un mezzo per rendere più democratica la finanza internazionale. Altri analisti, invece, non vedono una piena legalità della valuta stessa al pari delle valute ufficiali nel mercato globale.
Sta di fatto che sempre più utenti e sempre più colossi stanno per passare alle “criptomonete”, uno tra tutti Facebook che ha già annunciato il lancio della sua moneta virtuale, “libra”, per il prossimo anno. Nel mondo, stando a quando si legge su Coinmap, il sito dove è possibile scoprire dove pagare in bitcoin, si contano più di 14 mila attività commerciali.
In Italia quelle recensite sono più di 700, in particolare a Trento, Milano e Roma. È anche possibile prelevare o versare contanti nel proprio conto bitcoin e i soldi verranno convertiti secondo il tasso di cambio vigente in quel momento.
Il primo Batm, il bancomat di bitcoin, al mondo, fu installato a Vancouver in Canada nel 2013. E il primo in Italia? A Udine, nel 2014 in viale Palmanova. Un’altra prova di quanto il Friuli sia terra d’innovazione. —
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