Boschi al posto del mais: è la riconversione verde
SACILE. Un bosco a Cavolano: in Strada delle campagne un agricoltore ha detto addio alla soia e mais. «Un ettaro dedicato a zona boschiva – sottolinea Emilio Ditali, il militante Wwf ha scoperto il bosco urbano privato a Sacile – Invece di seminare il proprietario ha deciso una svolta “verde”. Stop al mais ma anche al cemento e al consumo di suolo».
La svolta verde. In Strada delle campagne sono state collocate 1.400 piante e, nell’anno decimo del bosco urbano, altre specie. Dettaglia Ditali: 150 ciliegi, 40 alberi da frutta, 10 cornioli, 20 querce, 10 salici, 100 platani, 150 acacie, 50 faggi, 10 gelsi, 150 frassini.
Ma anche cespugli «per dare rifugio a uccelli, scoiattoli e qualche volpe». L’area è costeggiata da un rio e l’orizzonte è quello delle altre proprietà agricole.
«Il nuovo bosco di Sacile potrebbe ampliarsi – ha valutato Ditali – Ci sono altri cittadini pronti alla scelta, per controbilanciare la cementificazione selvaggia di cui soffrono Sacile, Pordenone e numeroe ealtre località provinciali. A Cavolano danno il buon esempio».
Largo ai privati. La “green economy” potrebbe passare attraverso i boschi e foreste privati, e pure demaniali: faggeti, frutteti, alberi da fusto per coprire qualche ettaro del territorio sacilese. Una ricchezza alternativa di ossigeno che, in tempi di crisi, i volontari Wwf e del gruppo sacilese Bosco urbano intendono esaltare.
«Serve manutenzione e voglia di fare per crescere un bosco dietro casa – va al concreto Ditali – Potremmo istituire una Banca regionale oppure provinciale della terra: chi non può o non vuole prendersi cura dei propri appezzamenti potrebbe metterli a disposizione di chi invece, può e vuole dedicarsi alla gestione».
Ecologia di ritorno. Sacile ha un’anima legata al verde (non per nulla è denominata il Giardino della Serenissima) e un’altra ai cantieri.
«Sui cantieri negli ultimi decenni si è concentrato lo sviluppo, ma la terra deve essere valorizzata in altri modi– osservano i volontari del Wwf – Nel dopoguerra diecimila persone vivevano di agricoltura, oggi sono molte meno mentre sono state distrutte anche le siepi campestri con il riordino fondiario di una trentina di anni fa. Un danno ecologico a cui si aggiunge il dissesto idrico-geologico: le conseguenze di questo si sono già viste».
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