Buon compleanno Zalone, i suoi film hanno battuto ogni record di incassi

Il dottor Luca Medici l’avvocato doveva fare. Laurea appesa (tesi sul diritto del lavoro) e un concorso in polizia fallito. Meglio essere fatalisti, a volte funziona.
La vita che non t’aspetti, no?, è la più naturale possibile. I progetti falliscono, di solito. Okay. Quattro film e più di cento milioni di euro d’incasso. Cado dalle nubi, Che bella giornata, Sole a catinelle e Quo vado? Nessuno come Checco Zalone, nemmeno Titanic, nemmeno Avatar, nemmeno La vita è bella.
Bruciati tutti i top che mai s’immaginava fossero schiacciati da un comico barese scritturato da Zelig off. Canzonette manipolate, un buon pianismo, voce discutibile, battuta politicamente scorretta. A quel tempo si poteva ipotizzare, toh, una buona carriera cabarettistica a tremila euro a esibizione, per sbattere infine sulle sagre in cambio di un salame e di una mezza forma di formaggio.
Che cozzalone! Tamarro, in pugliese. Perfetto. Una c in aggiunta e una zeta in meno e il nome d’arte è venuto fuori da solo. Be’, oggi, 3 giugno 2017, Luca entra nel cerchio magico degli anta. Tempo fa disse: «A cinquanta smetterò di far ridere. A quell’età si diventa patetici». Un decennio ancora, dunque. Gli basta e gli avanza. Tre/quattro film ancora e potranno vivere di rendita pure i figli dei nipoti.
Noi riduciamo tutto a vil denaro, è una pratica del millennio che incasella la bravura o la potenza degli uomini a seconda del peso bancario. Vorremmo uscire dallo stereotipo materiale, spingendoci volentieri laddove è l’arte a determinare gli equilibri. «Ci sei o ci fai?», gli chiese Gennaro Nunziante (poi regista fedele) durante un provino.
In realtà non si coglie il confine fra il sei o il fai, diciamo un limbo indefinibile. La vocazione di Zalone è passare per scemo. Già la pratica rese bene all’ispettore Clouseau, per esempio. O a Mister Bean, ecco. Il nostro offre un grottesco nostrano, roba da trattoria sul Gargano con vista sull’Adriatico migliore. Ridi genuino, senza dietrologie. Il famoso pane al pane. Luca si nutre di usanze popolari, è la maschera paesana del Sud che sale al Nord, un po’ come il napoletano Troisi del “chi parte sa da cosa fugge, ma non sa che cosa cerca”.
Con quella faccia un po’ così tra il gradasso e lo stupito, Zalone può dire ciò che vuole. In Cado dalle nubi mette alla berlina l’omosessualità con un tal candore, che la polemica immaginata, si spegne. Nel successivo Che bella giornata sbatte i musulmani sul cesso dopo averli fatti intossicare di cozze e anche qui, zitti e mosca. Strano davvero in un’Italia aggressiva quando tocchi certe tematiche bollenti. Eppure.
La critica, ovviamente, ha tentennato parecchio prima di coglierne i pregi. La comicità italiana è ben divisa fra i colossi dei Cinquanta - Totò e Sordi, per citare i monumenti - i B movies dei Settanta e i cinepanettoni dei Novanta/Duemila. Quindi arrivò Benigni che alzò l’asta, chiudendo la stagione d’oro con La vita è bella.
Checco entrò in scivolata in un’era piuttosto avara, conquistando subito terreno con la canzone - il successo pazzesco di Siamo una squadra fortissimi - poi col cabaret televisivo, quindi al cinema, mettendo in riga la gloriosa storia tricolore. Rispettando lo schema delle grandi ascese, nessuno voleva rischiare per la sua opera prima, nemmeno il talentuoso Pietro Valsecchi di Taodue, che ci vede sempre lungo. Poi, fortunatamente, ci ripensò. ©RIPRODUZIONE RISERVAT
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