Campo da rugby gremito per l’ultima meta di Alfio

Commovente addio a Scandurra. Maglia da gioco sulla bara portata dai compagni

I ricordi di fratello e amici: «Trovava soluzioni semplici a problemi complessi»

Francesco Silvestri

C’era un sole caldo e c’erano tantissimi amici alla cerimonia laica di saluto ad Alfio Scandurra, prematuramente scomparso a 52 anni per un male nel suo caso incurabile.

La cerimonia si è tenuta al campo sportivo del Pordenone Rugby, sotto i pali, rivolta a nord, verso le montagne che Alfio tanto amava. Ad accompagnare in campo il feretro ricoperto di fiori, e con la maglia da gioco ad avvolgere la bara, sono stati i suoi compagni.

Alfio era una persona poliedrica che ha dispiegato i suoi talenti in molti mondi. Era blogger e scrittore, era conosciuto per i suoi trekking con gli asinelli, aveva giocato a rugby, amava la natura ed era diventato treeclimber, giardiniere specializzato nelle potature ad alta quota.

Ma era anche era un figlio amorevole, un padre di famiglia e un nonno, pur essendo molto giovane. Tutti questi mondi erano presenti, nell’ampio spazio verde di via Mantegna.

Numerose le testimonianze lette dai familiari. Molto toccante quella del fratello Federico, che si è dovuto interrompere per la commozione per riprendere il discorso alla fine e che ha tratteggiato la figura più intima e privata di Alfio.

Un giovane che a poco più di 20 anni aveva già tre figli e le responsabilità di una famiglia e che fino all’ultimo ha dato disposizioni ai suoi familiari su come proseguire le sue attività.

Sentite anche le parole di Gianmatteo Ramon – suo vecchio compagno di squadra – che ha ricordato la schiettezza e la capacità di Alfio di trovare soluzioni semplici a problemi complessi e soprattutto ha ricordato come Alfio fosse un uomo sempre diretto ma mai cattivo e banale.

Del suo rapporto con gli animali e soprattutto con l’asino Fiocco hanno parlato gli amici dell’associazionismo ambientale. Alfio Scandurra aveva raccontato, nel suo libro “Di asino in bosco” e non solo, di come l’incontro con l’animale fosse stato salvifico per entrambi e gli avesse insegnato a guardare il mondo in modo diverso, a saper rallentare, a non darsi sempre una meta, a “perdere tempo”, abbandonandosi nei boschi senza paura, riallineandosi con il proprio lato selvatico per ritrovare se stessi.

«“Vedi il sole che sorge laggiù?” mi ha domandato un giorno il nonno, subito dopo avermi svegliato per accompagnarlo a lavorare nel giardino dei limoni. “Il sole splende per tutti – ha continuato – ma ora che lo stai guardando e sei così contento, è come se nascesse solo per te”».

Con queste parole, che sono l’incipit del suo libro, è stato ricordato Alfio da un altro degli amici, che ne ha tratteggiato la capacità di insegnare alle persone a essere grati per quello che hanno e non essere infelici per quello che non possiedono, a essere capaci di trovare in un metro quadrato di verde tutta la biodiversità di una foresta, solo ad avere la pazienza di guardare.

Alfio Scandurra, pur essendo di origine siciliane, ha amato il Friuli e i magredi più di chiunque altro e le sue ceneri saranno disperse proprio lì, dove gli amici prepareranno un’opera di land art e dove chi vorrà potrà in futuro recarsi a salutarlo.

Su richiesta della famiglia, dopo la cerimonia è rimasta aperta la club house del Rugby Pordenone per onorare Alfio con l’ultimo terzo tempo. L’intero ricavato sarà devoluto al Rifugio degli asinelli onlus, un’altra delle iniziative benefiche a lui tanto care.

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