Cani maltrattati in allevamento: cinque persone a processo

REMANZACCO. Sarà il vaglio dibattimentale, con la sfilata dei testimoni della pubblica accusa e delle difese, a chiarire se gli allevamenti “Dei Longobardi”, di Remanzacco, e “Italcani”, di Pocenia, fossero diventati nel 2013 il punto di snodo per un traffico di cuccioli di cane, illecitamente introdotti dai Paesi dell’est, e dall’Ungheria in particolare, in assenza delle necessarie certificazioni sanitarie, e venduti poi con carta d’identità italiana a ignari acquirenti, anche per il tramite del negozio “Minizoo” di Maniago.
Così ha deciso il gup del tribunale di Udine, Emanuele Lazzàro, all’esito dell’udienza preliminare con cui, ieri, ha disposto il rinvio a giudizio di cinque degli otto imputati. Vanno quindi a processo, a partire dal 19 settembre, Francesco Paravano, 51 anni, e sua moglie Roberta Prospero, 52, di Pocenia, gestori (e lui anche titolare) della Italcani, Paolo Pippolo, 66 anni, e sua figlia Tamara, 38, di Maniago, gestori del Minizoo, e Bruno Tosolini, 66, di Remanzacco, titolare e gestore dei Longobardi.
Pena patteggiata a 8 mesi di reclusione (sospesa con la condizionale), invece, per Maria Cumini, 65 anni, di Remanzacco, moglie di Tosolini e gestore con lui dell’allevamento, e a 6 mesi (sospesa) per Irene Lionetti, 49, di Buttrio, loro collaboratrice. Entrambe difese dall’avvocato Orazio Esposito, erano accusate di concorso nell’introduzione in Italia dei cuccioli e di falsità ideologica. Alla sola Cumini, insieme al marito, a sua volta assistito dall’avvocato Esposito, era stata contestata inoltre la frode nell’esercizio del commercio e il maltrattamento di animali.
Maltrattamento di cui si sarebbe reso responsabile anche un altro loro collaboratore, il 29enne albanese Elton Lias, chiamato a rispondere pure di esercizio abusivo della professione di veterinario e per il quale l’avvocato Esposito ha annunciato la presentazione di un’istanza di messa alla prova.
Nella ricostruzione formulata dal pm Elisa Calligaris, a essere sottoposti a sevizie e tenuti in condizioni igieniche pessime, nell’allevamento di Remanzacco, sarebbero stati non soltanto i cuccioli fatti arrivare in Italia a meno di 12 settimane di vita, ma anche gatti e cani adulti. Tutti o in parte nutriti con cibo e acqua sporchi o carenti, detenuti in gabbie, box e lettiere bagnati e pieni di escrementi e costretti a dormire spesso al freddo.
Tra i casi riferiti dagli uomini della Forestale, che nel gennaio 2015 effettuarono perquisizioni e sequestri in entrambe le strutture, anche quello di alcuni chihuahua con principio di congelamento. Al solo Tosolini è stata contestata peraltro anche un’ipotesi di truffa, in relazione alla morte di un cucciolo di bulldog inglese morto di malattia poco dopo l’acquisto per 1.300 euro. Con l’aiuto di Lias, inoltre, lo stesso Tosolini avrebbe praticato operazioni chirurgiche agli animali - taglio della coda, delle orecchie e del sopracciglio -, senza la necessaria competenza e spesso senza anestesia.
Le ipotesi di falso si riferiscono alla presentazione ai Comuni di Pocenia (Paravano e Prospero) e Remanzacco (Tosolini, Cumini e Lionetti) di modelli d’iscrizione e cessione di cani compilati con dati anagrafici falsi, al fine di indurre i funzionari a iscriverli all’anagrafe dei cani con microchip. Nel procedimento si sono costituiti parte civile la Lav e l’Anpana.
Gli avvocati Lanfranco Sette (per Paravano e Prospero) e Luca Colombaro (per i Pippolo), che avevano chiesto sentenza di non luogo a procedere, sono pronti a dare battaglia a dibattimento. «L’imputazione è particolarmente complessa e gli atti d’indagine molto articolati – ha detto Sette –. Prima di entrare nel merito, comunque, sarà oggetto di discussione già la fase delle questioni preliminari». Il collega Colombaro, intanto, ha insistito sull’assenza dell’elemento soggettivo. «Non avevano nessuna consapevolezza della provenienza dei cuccioli», ha detto.
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