Caos rimborsi per i beffati delle ex Popolari: slitta ancora il decreto

Ancora un rinvio, nonostante le rassicurazioni dell’esecutivo, e le associazioni di tutela sono sul piede di guerra

UDINE. Slitta il decreto di attuazione del Fondo di indennizzo dei risparmiatori (Fir) e i beffati dalle Popolari venete sono sul piede di guerra. Manca il regolamento per accedere al Fondo e il miliardo e mezzo di euro a disposizione resta congelato. Sulla vicenda pende anche la mannaia dell’Unione europea che ha visto nella legge che istituisce il Fir profili assimilabili all’aiuto di Stato.

Martedì al Ministero c’è stato un summit fra il premier Giuseppe Conte, i suoi vice Luigi Di Maio e Matteo Salvini, e il ministro dell’Economia, Giovanni Tria. Pare esserci un primo punto di incontro sul testo, ma sul documento si dovrà lavorare ancora parecchio.

IL CRAC DELLA BANCA POPOLARE DI VICENZA

La pubblicazione del primo decreto è già slittata di un mese. E ora il timore è che l’intera vicenda si areni, per finire nel dimenticatoio. Per di più al primo decreto ne deve seguire un altro. Innanzitutto dovranno passare trenta giorni per il via libera al secondo decreto attuativo, quello che istituisce la Commissione chiamata a valutare le domande.

Un altro mese per l’entrata in vigore, e soltanto allora scatterà il via ai 180 giorni per presentare le domande (le previsioni erano di arrivare a questo punto in estate). Chiusa la finestra temporale per le richieste, sarà la volta dei risarcimenti. Il documento in fase di discussione però non piace ai risparmiatori e tanto meno alle associazioni di tutela.

Le critiche ricadono sul concetto di “truffa oggettiva di massa” che, per la sua novità, comporta importanti difficoltà applicative, ma anche sull’onere della prova, lasciato interamente a carico dei risparmiatori (mentre i proclami iniziali parlavano di una domanda facile da compilare che tutti avrebbero potuto presentare in autonomia).

C’è poi il nodo di quello che era un acconto del 30 per cento e nella nuova versione diventa invece il saldo finale. Dubbi anche sui tempi e sulla mancata risposta all’Ue che aveva sollevato perplessità sull’operazione, assimilabile a un aiuto di Stato. Ma le associazioni sono rimaste di sasso davanti alla possibilità per gli speculatori di accedere al rimborso.

«L’articolo 3 della bozza di decreto attuativo prevede che possano chiedere l’indennizzo al fondo i risparmiatori, i successori mortis causa e gli aventi causa – ha spiegato Barbara Puschiasis, presidente dell’associazione Consumatori attivi e membro della cabina di regia al Mef –. Gli aventi causa sono coloro che hanno acquisito dai “risparmiatori” la proprietà degli strumenti finanziari delle banche in liquidazione successivamente alla data del provvedimento di messa in liquidazione».

Vale a dire che uno speculatore, che ha acquistato le azioni dopo il crac, ha il medesimo diritto di accedere al Fondo di un socio, per esempio, della Popolare Udinese. «Quindi – ha tratto le conclusioni Puschiasis – se qualcuno ha fatto incetta di azioni tra la data di messa in liquidazione e quella della presentazione della domanda di indennizzo al Fondo, così speculando, può chiedere l’indennizzo. E a che valore? A quello originario di acquisto prima della liquidazione. Sarebbe lo scandalo nello scandalo. E meno male che la norma doveva tutelare i risparmiatori e non gli speculatori».
 

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