Caritas sulla mensa: «Un luogo di poveri non è rose e fiori»
Il coordinatore risponde ai cittadini che la vogliono chiudere «Manca buonsenso. La situazione non è difficile come detto»

Udine 7 Dicembre 2017. Mensa dei Frati in Via Ronchi. © Foto Petrussi
Davanti a chi cerca di sopravvivere, c’è bisogno di un pizzico di «sensibilità in più. E forse anche di senno». «Se vogliamo avere una mensa per le persone in difficoltà, che sia in questa via o in un’altra, qualche piccolo disagio va messo in conto. Se, invece, non la vogliamo dobbiamo dirlo chiaramente, ma questo avrà conseguenze non da poco».
Alberto Barone, che si occupa del coordinamento del volontariato nella Caritas, è amareggiato. Indica il Messaggero Veneto, appoggiato sul tavolo: «Uscite di questo tipo non aiutano nessuno, creano stigmatizzazione». Il riferimento è a Graziano Della Casa, 77enne che abita quasi di fronte alla mensa, e che ieri ha segnalato una situazione che lo tormenta da tempo: tra sporcizia e schiamazzi causati dai poveri che passano per quella strada, secondo lui in via Ronchi non ci sono le condizioni per un’accoglienza dignitosa. L’uomo, tra i fondatori del comitato sorto proprio per affrontare questo problema, ha poi trovato in Lorenzo Bosetti (Ar) una spalla su cui appoggiarsi: il consigliere intende proporre al sindaco Honsell di firmare un’ordinanza di sospensione dell’attività dopo una verifica su eventuali problemi di igiene e ordine pubblico.
«Parlo spesso con Della Casa, siamo in buoni rapporti e cerchiamo di andare incontro alle sue richieste – dice ancora –. Loro vogliono farci chiudere la mensa, ma il cibo è fondamentale per gli uomini e le donne che si rivolgono a noi perché non hanno altri riferimenti. Tolta la mensa in una città, non davvero so cosa potrebbe succedere: ci vuole un po’ di buonsenso».
Della Casa ha dipinto una situazione critica. Vociare continuo, gente che litiga e urla, persone che si mettono in fila alle 9.30 del mattino. «Abbiamo preso in gestione la struttura nel 2012 e all’inizio c’era una situazione incontrollata, il via vai era tanto – ammette Barone –. Nel 2014, si sono aggiunti molti ragazzi pakistani e afghani e per un periodo, prima che aprissero la caserma, abbiamo avuto effettivamente molte persone».
Poi i responsabili hanno cominciato a “razionalizzare”. «Abbiamo messo in piedi, nell’ottobre del 2016, un centro d’ascolto – continua –. Ogni singola persona che passava ci raccontava la sua situazione, noi rilasciavamo una tessera: chi aveva diritto di mangiare in altre strutture, non si fermava». Oggi le persone che mangiano nella mensa a pranzo sono un centinaio, a cena sono al massimo 80. «Quello che conta per noi è aiutare le persone a uscire da questo disagio – afferma Barone – non solo offrendo beni di prima necessità, ma coinvolgendo i servizi sociali, costruendo una rete e aiutando le persone ad autodeterminarsi».
L’accusa è di presenze incontrollate e sporcizia; Barone le contesta. «C’è una sola signora che arriva molto presto, ma si siede sugli scalini e non disturba. Purtroppo, quando abbiamo chiesto al Comune lo spazio per un prefabbricato per la preaccoglienza, c’è stato il no della scuola Garzoni – afferma –. In ogni caso, dopo la ristrutturazione, i posti non sono 40 ma 52».
Passeggiando per via Ronchi non si incontrano rifiuti. «Con delle squadre di ragazzi faccio pulire la strada e da qualche sabato ripuliamo con l’acqua anche gli escrementi dei piccioni – aggiunge –. Però non può essere tutto rose e fiori, se vivi di fronte una mensa dei poveri». Spostarla, comunque, non sarebbe un problema. «Ma cambiare zona non muterebbe la situazione, si lamenterebbe qualcun altro».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto
Leggi anche
Video