Carlo Ciussi, le favolose geometrie che cercano l’inconoscibile
Te lo ricordi Anduins in val d'Arzino? Te li ricordi Gli ultimi di padre Turoldo? Te lo ricordi Carletto, come lo chiamavano gli amici, che cinquant'anni fa con una leggenda qual era già allora il pittore Giuseppe Santomaso – l'alter ego di Afro – percorse il Friuli per riconoscerlo? E riconoscersi. Il viaggio da casa e verso casa. Nostra, cara, amica casa, del tempo perduto. E ritrovato. Casa del Friuli. Casa Cavazzini che ancora non espone a titolo definitivo l'opera del maestro. Era ancora informale, Carlo Ciussi (Udine 1930-2012), e non geometrico.
Fu il viaggio nel quale mostrò a Santomaso tutto quello che Afro del Friuli aveva raccontato all'artista veneziano. Lo accompagnò alla messa dello Spadone a Cividale, al Tempietto Longobardo, a vedere le mummie di Venzone. E alla sera, il vino e la semplice cucina Al Copari di Craoretto completavano la festa. Era quello che il collega pittore – molto colto come ricordava Peggy Guggenheim – aveva sempre desiderato e così l'amico veneto dipinse le apprezzate Suite friulane.
Da questo pellegrinaggio nasce invece il ciclo di Ciussi Paese perduto, che trova posto in collezioni importanti come quella della dinastia Jucker, legata a Milano. Ricordiamo l'incontro perché valorizza la figura di Ciussi, amico di grandi artisti e intellettuali, in un momento in cui si dibatte di paesaggio friulano e cultura. Santomaso, per spiegarne la portata, appena tre anni prima aveva compiuto un viaggio in Puglia con il critico Werner Haftmann.
Lui, Carlo Ciussi, che si era specchiato nella Flagellazione di Piero della Francesca, dialoga dunque con Santomaso e Afro, i critici Giuseppe Marchiori e Giulio Carlo Argan. Lui, Carletto di Dio ma senza Dio e forse assieme a Dio più di tanti altri, Carletto che manca a Udine e che Villa Manin dovrebbe onorare per la portata intellettuale dell'uomo e del pittore-scultore. Ciussi scomparso quasi un anno fa, nell'aprile scorso, sarà ricordato da A Arte Studio Invernizzi Milano con una grande mostra dal titolo Gli alfabeti dell'inconoscibile, che si inaugura martedì 12 marzo nella sede di via Scarlatti e sarà visitabile fino al 2 maggio.
«La sua opera – come scrive in catalogo il filosofo Massimo Donà – ha questo di caratteristico: che ti impone ogni volta che torni sulle sue specifiche manifestazioni, di ricominciare da capo. Di metterti cioè alla pari con la sua straordinaria potenza sorgiva». Ciussi, osserva ancora Donà, ha sempre cercato di disegnare il punto zero del mondo.
Dopo la mostra tenutasi nel 2011 in occasione dell'apertura della Galleria d'arte moderna e contemporanea di Udine Casa Cavazzini e l'esposizione svoltasi nello stesso anno alla Fondazione Abbazia di Rosazzo, ora a Milano (dove ha tenuto sempre studio e galleristi di fiducia) verranno esposti al piano superiore della galleria i lavori, inediti, che Ciussi aveva realizzato nel corso del 2011 appositamente per questa rassegna, già in programma nel settembre dell'anno scorso e poi saltata per la morte dell’artista. Nella seconda sala ci saranno opere rappresentative degli anni Sessanta. Nelle sale del piano inferiore saranno invece presentati lavori le cui superfici interagiscono con lo spazio architettonico circostante. Nel catalogo compare una poesia dell'amico Carlo Invernizzi.
Ciussi vuol dire soprattutto pittura geometrica. Era quello il suo sentire anche se – come disse a un critico – nei colori guardava al riverbero delle montagne, l'azzurro del cielo e il verde dell'erba. Quando arriva alle luminose bande trasversali e verticali dipinte a olio che poggiano sulla tempera del fondo ha maturato ormai le più raffinate tecniche di Afro. Il segno di Michelangelo, quelle crocette del 1964 che elabora da “La facciata e la sacrestia nuova di San Lorenzo”, sono ormai nel suo dna come lo saranno il gusto dell'architetto e la sua scultura frontale che dalle tele deriva. Poi una cavalcata nell'universo geometrico senza dimenticare, anche negli ultimi anni, la luce come bene spiega Claudio Cerritelli nel catalogo della mostra all'abbazia di Rosazzo. Nelle opere del 2010 e del 2011 a una sottostante campitura di bianco Ciussi sovrappone un altro colore che viene successivamente graffiato con diversa intensità in diagonale alternata o con lievi curvature per ottenere mutevoli gradazioni di luce. Sembra quasi un messaggio adesso che una barriera invisibile ci divide da lui. Più lo studiamo, più graffiamo l'aria, più Carletto ci è vicino attraverso gli spiragli di luce che riusciamo a percepire.
Talvolta la sua bicicletta, forse scendendo dalle nuvole, si appoggia ai cancelli in ferro battuto di Villa Manin. E lui, mani dietro la schiena, occhieggia attraverso l'aria il complesso espositivo. E aspetta una grande mostra comparata: Ciussi, il suo tempo e la favolosa geometria. Zigaina a Villa Manin c'è già stato, Celiberti ci torna. Ciussi attende paziente, come ha sempre fatto, che il Friuli continui a ricordarsi di lui.
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