Carole André a Grado ricorda Sandokan

GRADO. Molto Audrey Hepburn, magrissima, elegantissima, con un sorriso che ancora illumina il Brunei. E quello sguardo azzurro come il mar di Sulu. Lo charme di Carole André scivola attraverso Grado, in quei pochi passi che separano l’hotel dalla diga Nazario Sauro. E si espande appena sale sul palchetto di Lagunamovies, una sorta di Mompracem virtuale dove il festival rievoca il mito tigrato, Salgàri, l’avventura e l’altrove. Non è esattamente un trentacinque anni dopo lo sceneggiato più cult di una Rai «indimenticabile» - rammenta Gloria De Antoni, amichevole volto tv dell’epoca bella del cavallino di viale Mazzini - bensì un agile sfoglio di album, l’omaggio all’Emilio grande visionario della letteratura, a cent’anni dalla morte e a 150 dalla nascita (nel 2012), e un confidenziale abbraccio alla donna che fece innamorare qualunque uomo nel 1976 e seguenti. Ovvero il gruppo dei «Come vorrei essere Sandokan».
Lady Marianna da tempo ha lasciato Labuan, ora è una manager di successo a Roma, nonché architetto di giardini. «In Malesia non ci sono più tornata». dice. «Mi spaventa il confronto. Allora era davvero un viaggio, un lontano autentico. Senza telefoni, computer e altre diavolerie. Adesso fai diecimila chilometri e ti senti a casa». Il proscenio gradese offre il top della gamma per un’accurata radioscopia al maestro veronese. Il salgariano più esperto, Roberto Fioraso, e il critico letterario più esplosivo, Piero Dorfles, guidati da Gloria De Antoni con la sapienza di chi in scena la fa da padrona. L’incipit è di prammatica: Sàlgari o Salgàri? Fioraso propende per l’accento sulla seconda a, essendo cognome derivante da salgàro, la definizione dialettale dei salici. Dorfles se ne infischia: «Mi piace Sàlgari e così continuerò a chiamarlo». La second life, tematica di Lagunamovies, è evocata alla grande: il mondo fantastico dello scrittore immaginato e mai sfiorato con lo sguardo, per esempio.
De Antoni stimola alla confessione. E quella della signora André è ghiotta. «M’innamorai di Kabir Bedi, ma ogni volta che c’incontravamo aveva una moglie diversa. Però l’ho sposato sui set di Sandokan, Il corsaro nero e U n medico in famiglia. Risucchiata ventenne in Oriente, uno choc per la biondina. «Sollima fu il primo a girare nelle location giuste e non a Cinecittà, come fecero altri. E ci trasferimmo per tre mesi. Rimasi turbata da come nelle zone più povere trasformavano i bambini in ottimi mendicandi, rompendo loro gli arti. Poi c’era un’India molto british, case sontuose animate da bei nomi e da sciami di servitù. Frequentavo le figlie del governatore, le uniche della mia età in quel concentrato di maschi guerrieri». Si torna a Salgàri. Dorfles ricorda un suo libro, Le meraviglie del Duemila, «scritto nel 1907 e proiettato nel nostro presente. Lo scrittore ipotizza vita frenetica tale da trascinare il popolo nei manicomi. Prevedendo terrorismo e inquinamento». Dalle retrovie della platea sbuca Lucio Costantini, presidente del salgariani del Fvg. «Da quando la Perla è comparsa sullo schermo, dice, qualcosa è cambiato nella fantasia collettiva». E Carole, timidamente, sorride.
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