«Casa del parto? Un’opportunità ma va garantita la sicurezza»

Parla Pierino Boschian Bailo, nuovo primario del reparto di ostetricia e ginecologia di Monfalcone «La struttura per la gravidanza per ora è un’idea. Serve, invece, potenziare l’ambulatorio di Gorizia»
Di Vincenzo Compagnone

«La Casa del parto è un’opportunità interessante, a patto però che vengano rispettate tutte le norme relative alla sicurezza».

Il dottor Pierino Boschian Bailo, 54 anni, dai primi di maggio nuovo primario del reparto di Ostetricia e Ginecologia di Monfalcone, che sovrintende anche sui servizi erogati a Gorizia, affronta in questa intervista con molta cautela l’ipotesi di realizzare una struttura de-medicalizzata per la gravidanza fisiologica al Parco Basaglia nell’ambito dei progetti transfrontalieri del Gect. “Sicurezza” è la parola che Boschian (che da 20 anni abita a Cormons e tra il 1999 e il 2002 ha lavorato a Gorizia per poi trasferirsi a Palmanova) ripeterà spesso tracciando un bilancio di questo primo periodo di lavoro e individuando possibilità future di sviluppo.

L’ipotesi della Casa del parto non sembra entusiasmarla molto, o è una nostra impressione?

In realtà non sono ancora stato coinvolto nel progetto. Non c’è stato alcun incontro in merito e quindi stiamo parlando di un’idea. Che, per concretizzarsi, come ho detto deve tener conto nel modo più assoluto delle condizioni di sicurezza che vanno garantite alle mamme. Vede, le emergenze ostetriche sono difficili da valutare. A volte capitano anche all’interno dell’ospedale, per cui occorre essere pronti a fronteggiarle

Cosa ha trovato a Monfalcone di diverso rispetto a Palmanova?

Il clima è lo stesso, col personale molto motivato ed efficiente. Al San Polo c’è l’opzione del parto in acqua, assente a Palmanova. I relativi corsi preparatori si effettuano, peraltro, anche a Gorizia. E’interessante la presenza dei mediatori culturali per le gestanti straniere.

Quali sono stati, e quali saranno i suoi obiettivi?

A livello ginecologico, sviluppare la chirurgia mini-invasiva, che consente recuperi più rapidi e degenze più brevi. Sotto il profilo ostetrico, la riduzione dei parti cesarei: un paio di settimane fa c’è stato un parto gemellare naturale, fatto che non si verificava da anni.

E per Gorizia?

Direi senz’altro un potenziamento dell’ambulatorio ginecologico. Ritengo necessaria la presenza quotidiana, dalle 8 alle 14.30, di due medici e non di uno soltanto. Anche alcune prestazioni si possono implementare, fermo restando che già vengono effettuati ecografie e screening della cervice uterina (pap test e colposcopia). Certi esami però, come la diagnosi prenatale con l’amniocentesi, dovranno restare a Monfalcone. Confido nell’acquisizione di nuove e moderne strumentazioni.

I rapporti con l’ospedale di San Pietro? La chance offerta dalla Regione, dopo la chiusura nel 2014 del reparto del San Giovanni, per far nascere lì i figli dei goriziani è stata un flop: appena 6 parti in due anni.

Non conosco la realtà del reparto sloveno. Bisogna prima perfezionare sotto il profilo della sicurezza il percorso nascita per parti fisiologici e a rischio, quando ciò avverrà ben venga la collaborazione con San Pietro.

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