Caso che da Udine finì sul New York Times

UDINE. Tutto cominciò un pomeriggio d’autunno, precisamente il primo ottobre del 1993, quando una donna che all’epoca aveva 35 anni, i capelli rossi, gli occhi grandi e la parlantina accattivante, accompagnata dal marito e dal figlio allora minorenne, si presentò nella sede del “Messaggero Veneto”, oggi come allora in viale Palmanova 290 a Udine, dicendo che era a conoscenza di segreti sconvolgenti riguardanti la storia recente della Repubblica.
Era Donatella Di Rosa che, ai cronisti della redazione, raccontò quella che sembrò una storia che avrebbe potuto creare un vero e proprio terremoto, a molti livelli.
E così fu: le notizie del presunto golpe, di Gianni Nardi, degli alti militari coinvolti, fecero il giro di tutti i media nazionali, telegiornali e grandi testate compresi, e poi arrivarono perfino in prima pagina al New York Times, con una foto che ritraeva la Di Rosa durante una conferenza stampa improvvisata proprio nell’area della rotativa del “Messaggero Veneto”.
La Di Rosa con il marito fu arrestata al termine dell’ennesimo incontro con i giornalisti, la mattina del 28 ottobre 1993. Dall’anno seguente lasciò il Friuli e fu poi condannata in appello a due anni e otto mesi di reclusione (pena sospesa) per calunnia e autocalunnia e al risarcimento di 800 milioni di lire alle parti civili; sostenne in seguito di aver forse confuso il Gianni Nardi terrorista con un omonimo.
Nel 1994 posò senza veli per le due riviste Playboy e Playmen (comparendo anche due volte sulla copertina di quest’ultima). Ebbe, in seguito, una breve attività come fotomodella e personaggio televisivo. Poi per lunghi anni il nulla, fino all’intervista di ieri.
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