Caso Mose, sequestrati 140 mila euro dal caveau
UDINE. Li teneva custoditi in una cassetta di sicurezza: 140 mila euro in biglietti da 500. Nulla di strano, verrebbe da pensare, per chi è solito depositare in banca i propri risparmi. Trattandosi del commercialista Alessandro Pasut, però, le cose cambiano. Indagato nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Venezia che in questi giorni ha investito il “Consorzio Venezia Nuova” e il suo presidente storico, Giovanni Mazzacurati, il professionista 63enne udinese dovrà rispondere ora anche di quel denaro. I finanzieri del Nucleo di Polizia tributaria di Udine glielo hanno sequestrato l’altro giorno, nel corso delle perquisizioni eseguite su delega del pm veneziano Paola Tonini nel suo studio di viale Duodo e negli altri luoghi indicati nel decreto del gip.
La sorpresa più grande, in attesa di esaminare il resto del materiale raccolto venerdì dalle Fiamme gialle, è dunque arrivata dal caveau di uno degli istituti di credito della provincia, nei quali Pasut ha aperto un proprio conto corrente o intrattiene comunque rapporti finanziari. L’ipotesi di reato formulata a suo carico dai magistrati lagunari è l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, ossia l’articolo 5 del Decreto legislativo 74 del 2000. Articolata in due “filoni” paralleli, l’inchiesta punta a fare luce da un lato su una serie di presunte turbative d’asta, in relazione ad appalti dell’Autorità portuale e, dall’altro, su fondi neri e società con sede formale all’estero e gestione reale in Italia. A quanto appreso, Pasut sarebbe coinvolto in questo secondo troncone d’indagine.
Ritenuto dagli investigatori l’ideatore di un sistema finalizzato a gonfiare i costi attraverso società di comodo, il commercialista udinese è finito nei guai in qualità di amministratore di fatto, unitamente ad altri soggetti, della “Istra Impex Gmbh” di Villaco. Della società “cartiera” austriaca, cioè, creata dai titolari della cooperativa “San Martino” di Chioggia dalla quale, nel 2009, presero il via le indagini. Era stata la “San Martino” a comprare il materiale per la realizzazione delle opere del Mose - i cosiddetti sassi “da annegamento” posati sul fondo della laguna come basamento del sistema di paratie mobili - e a versare nella Impex i 5 milioni di euro ottenuti dalla sovrafatturazione di circa il 25 per cento dell’appalto (22 milioni contabilizzati, a fronte dei 17 del prezzo reale). Fondi neri, insomma, confluiti nella società esterovestita facente capo a Pasut e dei quali resta ancora da chiarire utilizzo e destinatari.
Allungatosi fino a Udine, lo tsunami che sta portando lo sconquasso nella laguna veneta era culminato venerdì nella notifica di sette arresti domiciliari - tutti in relazione agli appalti pilotati -, altrettanti obblighi di dimora e un centinaio di iscrizioni sul registro degli indagati. Compresa quella di Pasut, personaggio noto per essere stato sponsor delle squadre di hockey su ghiaccio di Pontebba e Villacco fino al 2006 e per una precedente vicenda giudiziaria, che lo aveva visto finire condannato a tre anni di reclusione con sentenza del tribunale di Klagenfurt per infedeltà patrimoniale, in qualità di consulente finanziario incaricato di riciclare 3 milioni di euro fra una trentina di società di comodo sparse tra l’Austria, le Isole Vergini e l’Ungheria.
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