Caso Pilosio, nell’agenda mazzette per oltre due milioni

UDINE. La custodiva nella sua casa di residenza, nel quartiere Africano di Roma, aggiornandola con cura certosina dopo ogni nuova trasferta: un’agenda in pelle marrone, piena zeppa di numeri, date e sigle. La sua contabilità nera.
Da un lato la colonna delle entrate, ossia delle mazzette intascate, dall’altro quella delle uscite, ossia dei soldi anticipati per fare visita alle aziende che gliele avrebbero consegnate. Quando i finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Udine ci hanno messo le mani sopra è stato quasi bingo.
E in quello stesso momento, per Michele Candreva, il funzionario ministeriale arrestato lo scorso 18 novembre con l’accusa di corruzione, in concorso con due tecnici della “Pilosio spa” di Feletto Umberto, entrambi ai domiciliari, la situazione si è aggravata in misura esponenziale.
Perchè dal suo diario risulta che i pagamenti cash, ottenuti in cambio di una scorciatoia per le pratiche depositate alla commissione da lui coordinata, al ministero del Lavoro e delle politiche sociali, fossero prassi da anni. Almeno dal 1989, per un totale di oltre 2 milioni di euro di tangenti ricevute.
Partita come filone separato dell’inchiesta madre che la Procura di Udine aveva avviato in febbraio, a carico dell’ex amministratore delegato di Pilosio, Dario Roustayan, per l’ipotesi di reato di corruzione internazionale, l’indagine rischia ora di assumere dimensioni ciclopiche.
Nelle annotazioni di Candreva, 56 anni, originario di Spezzano Albanese (Cosenza) e con casa nella capitale - 14 quelle a lui riconducibili e sottoposte a perquisizione -, figurano riferimenti a decine di altre aziende, sparse in tutta Italia e, verosimilmente, specializzate in attività affini a quelle su cui il funzionario aveva specifica competenza.
Nel capo d’imputazione contestato anche a Claudio Sairu, 75 anni, di Udine, ingegnere e consulente esterno di Pilosio, e Federico Bortolussi, 36 anni, di San Giorgio di Nogaro, responsabile dell’Ufficio tecnico dell’azienda, Candreva è chiamato in causa in qualità di coordinatore della Commissione opere provvisorie, cioè dell’organo ministeriale deputato a vagliare e approvare le richieste di commercializzazione di ponteggi industriali e civili.
Nulla esclude, però, che il vizio di farsi “oliare” a suon di migliaia di euro, per accorciare i tempi della burocrazia e, nondimeno, correggere documentazione già depositata, sostituendola con quella da lui emendata, ricorresse anche quando Candreva occupava altre posizioni.
Non a caso, i contanti per decine di migliaia di euro trovati durante il blitz delle Fiamme gialle erano ancora suddivisi in buste, ciascuna con un importo diverso.
Quelli che si ritiene gli siano stati consegnati da Sairu, in tre dei quattro incontri accertati tra il 27 maggio e il 7 agosto scorsi dalle intercettazioni telefoniche e ambientali disposte dalla magistratura friulana, ammontano a complessivi 5.135 euro.
E i singoli importi, stando a una prima analisi, coincidono al centesimo con quelli annotati sull’agenda di Candreva. A balzare all’occhio, peraltro, è l’intensificarsi del ritmo e dell’entità delle presunte cessioni di denaro. Per portare i suoi servigi al di fuori del dicastero, Candreva sceglieva sempre giorni di ferie o di riposo dal lavoro. Pretendendo peraltro, di default, la copertura totale delle spese di viaggio, vitto e alloggio.
Adesso, i suoi spazi di manovra si sono ridotti alla cella del carcere di Regina Coeli dov’è rinchiuso. Oggi, l’avvocato Giulia Bongiorno, che lo difende, sarà a Trieste per cercare di convincere i giudici del tribunale del riesame a concedergli una misura meno afflittiva.
Era stato il gip di Udine, Matteo Carlisi, a firmare l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere chiesta dal pm Marco Panzeri, titolare dell’inchiesta, ritenendo fondati i pericoli di inquinamento probatorio e fuga. La montagna di materiale sequestrato, compresi documenti che si ritiene sottratti al ministero, apre peraltro una nuova fase investigativa, rendendo sempre più concreta la possibilità che il numero degli indagati aumenti.
«Dobbiamo attendere di conoscere la tesi difensiva sul significato dell’agenda – ha detto il procuratore di Udine, Antonio De Nicolo –. Agli inquirenti, intanto, il suo contenuto è parso molto significativo in chiave accusatoria.
E se dovesse essere confermata l’ipotesi che vi sono indicati 27 anni di tangenti, per oltre 2 milioni di euro, troverebbe una triste conferma anche il mio sospetto secondo cui le aziende, in genere, preferiscono pagare e tacere».
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