Cava di Clastra: la Rossi Marmi non violò le norme

TORREANO. Dopo la vittoria di due anni fa in sede civile, per Bruno e Andrea Rossi, titolari dell’omonima ditta di marmi di Torreano, ieri è stato di nuovo un giorno di festa. Chiamati a rispondere anche davanti al tribunale penale di una presunta violazione della legge speciale sulle cave - ipotesi per la quale erano stati raggiunti da una sanzione amministrativa di 140 mila euro, che la sezione civile aveva poi revocato, condannando la Regione al pagamento delle spese di giustizia -, padre e figlio, 65 anni e residenti a Faedis il primo, 36 e di Pavia di Udine il secondo, sono stati assolti dal giudice del tribunale di Cividale, Matteo Carlisi, con la formula “perchè il fatto non sussiste”. Stesso epilogo per Giuseppe Gabino, 65 anni, di Pozzuolo, coinvolto in qualità di direttore della cava. L’accusa, contestata ai tre in cooperazione colposa, era quella di avere scavato il fronte della cava di pietra piasentina, in località Clastra di San Leonarso, a una distanza inferiore ai 20 metri dalla strada. Il vpo aveva chiesto per tutti la condanna a 4 mesi di arresto. Decisi a uscire completamente “puliti” dalla vicenda, cioè a essere riconosciuti innocenti nel merito, imprenditori e professionista avevano preliminarmente annunciato la propria rinuncia alla prescrizione. Forte dell’esito favorevole ottenuto già nel procedimento civile, il loro difensore, avvocato Maurizio Conti, ha riproposto al tribunale i risultati della consulenza tecnica a suo tempo redatta da Gianni Menchini su incarico del giudice: la “Rossi Marmi snc” - aveva concluso il geologo - aveva rispettato la distanza prevista. A mettere in moto le indagini, paralizzando di fatto l’attività della cava per tre anni, era stato l’esposto di un privato. (l.d.f.)
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