Cecilia, la francesina di Resia che coltiva le erbe e l’aglio

Ha fatto ritorno nella sua valle per promuovere le tradizioni antiche. La mamma, Maria Giuseppina, era emigrata in quel luogo fin da bambina, ma le origini della Val di Resia non le ha mai dimenticate. La struggente nostalgia l’ha trasmessa anche alla figlia che portava con sé in Friuli per passare i periodi estivi dai nonni

La storia di Cecilia: "Son tornata nella mia valle per promuovere le tradizioni"

Il suo accento è francese, anche se parla fluentemente l’italiano. Cecilia Loits è nata nel cuore delle Ardenne, nel piccolo paese di Gernelle.

La mamma, Maria Giuseppina, era emigrata in quel luogo fin da bambina, ma le origini della Val di Resia non le ha mai dimenticate. La struggente nostalgia l’ha trasmessa anche alla figlia che portava con sé in Friuli per passare i periodi estivi dai nonni. Cécile, come la chiamano i resiani, ha trascorso un lungo periodo in Corsica, ad Ajaccio, per poi frequentare gli studi universitari nell’elegante città di Aix-en-Provence, dove ha conseguito la laurea in economia del turismo.

La prima esperienza professionale l’ha compiuta a Roma, come tour operator tra le bellezze dell’Italia. Più girava e più si rafforzava il suo desiderio di mettere solide radici in montagna. Ora, trentaquattrenne, vive nella casetta acquistata dalla mamma, a San Giorgio di Resia: «Quassù ho trovato finalmente quella libertà che nessun altro posto riusciva a darmi. Ho così raggiunto il mio equilibrio esistenziale, tra i silenzi e la pace della splendida valle, scavata dal torrente e dominata dal massiccio del Canin, tra i ritmi gestiti dalle stagioni».

A rafforzare i suoi sentimenti profondi per la Natura ha contribuito la relazione con Daniele, originario di Stolvizza, una delle frazioni sparse nella lunga vallata incuneata tra la Slovenia e l’Austria. Momentaneamente, Daniele è “moroso a distanza”, in quanto per ragioni di lavoro (è artigiano parchettista) vive a Porcia.

Il sogno della vita di coppia resta quello di esprimere tanta passione nell’agricoltura in Val di Resia, mettendo assieme più attività di settore, come impongono le difficili condizioni della montagna: coltivazioni varie, soprattutto di erbe aromatiche e aglio resiano; gestione della filiera completa di trasformazione dei prodotti e vendita; un po’ di lavoretti nel turismo, soprattutto d’estate e nei periodi del Carnevale, quando le tradizioni della vallata “esplodono” in un folclore apprezzato dai visitatori. Cecilia ormai conosce tutte le bellezze resiane.

Chiamano lei quando c’è da promuovere i piccoli eventi: «L’investimento sul territorio crea opportunità per tutti, bisogna crederci». L’identità della Val di Resia è data da un patrimonio che si è formato nei secoli: lingua, cultura, tradizioni, musica, danze. È una Valle senza tempo. Gli abitanti sono orgogliosi di vivere in una terra che considerano “unica al mondo”.

Un’attrazione fatale. L’appuntamento per una chiacchierata con Cecilia è All’arrivo, un’osteria caratteristica che si trova all’entrata del borgo di Stolvizza. La prima neve ha già attecchito, un soffice manto bianco copre ogni superficie. Fin dalle prime battute si coglie la sua passione per ciò che fa. Vorrebbe vivere di agricoltura, ma ancora non può permetterselo, perché deve portare a termine alcuni passaggi importanti, per esempio l’acquisto di un immobile da ristrutturare e organizzare negli spazi come laboratorio e “vetrina” dei prodotti da mettere in vendita.

«Sono caparbia – avverte subito – ma prudente. Preferisco fare un passo dopo l’altro, senza fretta. Il mio obiettivo non sono i soldi, che non si fanno di certo coltivando campi in montagna, ma la serenità di una vita nella Natura. Mi basta guadagnare quel tanto per vivere, senza inseguire il superfluo». Questo ragionamento contiene un principio ricorrente, che è proprio di una generazione legata strettamente all’essenzialità di un lavoro che piace, gestito e ritagliato su misura di uno stile di vita ecosostenibile. Cecilia ha lasciato la Francia per dare concretezza ai propri sogni. Ha avviato da alcuni anni una piccola attività agricola: «Mi dà grandi soddisfazioni, ma mi tengo bene stretto anche un lavoro alle dipendenze del panificio di San Giorgio di Resia».

Si alza prestissimo per dare una mano nella panificazione, poi segue le vendite in bottega. Il pomeriggio è tutto suo, fino a sera. Pensa alla sua aziendina che ha chiamato Le erbe di Lina, una denominazione che riprende il nome della nonna, Lina Micelli.

«Lei non c’è più – ricorda con gli occhi velati di tristezza –, ma era il mio faro. Mi ha svelato segreti, raccontato storie e leggende. Mi ha consegnato ricette molto particolari. Di fatto, mia nonna era l’allieva di una signora ungherese, Anna Schmiedt, che era anche conosciuta come la maga di Resia per l’alone di mistero che si portava dietro nel trattamento delle essenze naturali. Conosceva tutto del mondo delle erbe. Saperi importanti, perché la nostra valle è il regno delle biodiversità sia nei campi sia nei boschi. Mia nonna l’aiutava a raccoglierle, così ha imparato l’arte del mestiere. Mi ha insegnato ogni cosa, portandomi con sé». E’ maturata così l’idea di ripristinare la tradizione familiare.

Nel regno delle erbe. La sapienza della nonna ha “incendiato” la curiosità della nipote, fino a farla diventare una vera passione. Cecilia ha frequentato un corso intensivo di specializzazione, di quasi un anno, nella scuola agraria di Laimburg, in Alto Adige: «Studi e teoria, ma facevo anche pratica nei campi sperimentali tra le piante officinali».

Attorno a San Giorgio di Resia ha messo assieme alcuni appezzamenti arrivando a un ettaro abbondante. Ha avuto tanta pazienza nelle trattative, in quanto non è per niente semplice assemblare terreni in quei luoghi. Si tratta di ritagli sparsi qua e là, a causa delle difficoltà che riserva la montagna per la frantumazione delle proprietà: una parte è stata acquistata, un’altra presa in affitto, il resto è frutto di contratti di comodato d’uso.

Con i primi risvegli della primavera, ogni luogo si trasforma in tante pennellate di artista, che richiamano i paesaggi dipinti da Van Gogh, o da Cezanne: un trionfo di colori che si infiammano ai raggi del sole distribuendosi in numerose sfumature cromatiche.

Questa è la caratteristica della Valle dei fiori, la cui ricchezza è data da un’infinità di diverse varietà. Dai cartelli informativi molto curati, eleganti e ben rifiniti, si capisce che l’ambiente è un elemento importante per i resiani. I disegni fanno da contorno a una scritta inequivocabile: «Non ti macchiare dei reati contro il patrimonio ambientale. La Natura ti osserva e ti giudicherà severamente».

Il filo conduttore di ogni attività è chiaramente la bellezza. «Capisce perché ho legato a questa espressione territoriale – fa notare Cecilia – la mia professione di coltivatrice di erbe aromatiche. Sono dentro uno scrigno di meraviglie, non voglio uscire». Nei suoi campi c’è un po’ di tutto. Piante comuni: la malva, la camomilla, la calendula, la menta, l’arnica montana, la valeriana.

E piante officinali dai nomi strani per i non addetti ai lavori, per esempio la monarda didyma, che cresce in folti cespugli dove il verde intenso delle foglie contrasta con gli accesi colori dei fiori. La coltivazione in proprio è integrata dalla raccolta di specie spontanee: il finocchietto selvatico, il fiordaliso, il sambuco, le bacche della rosa canina, il papavero delle Alpi Giulie.

La stagione ormai non permette di camminare nei campi coltivati, quindi Cecilia tira fuori dalla borsa un album pieno di fotografie che la ritraggono con ceste stracolme di ogni varietà di erbe e di petali variopinti, che mette a essiccare con cura. È la ricca materia prima lavorata nel suo piccolo laboratorio per trarne infusi di ogni tipo. Ma la gamma dei suoi prodotti comprende anche gli sciroppi prodotti da una ditta di Pontebba, con le sue erbe e i suoi fiori, nel pieno rispetto di ricette studiate con cura da lei.

C’è anche l’aglio di Resia. Non può mancare la coltura d’eccellenza: l’aglio, chiamato comunemente strok in resiano. Ogni famiglia lo tiene nell’orto tra gli ortaggi per l’autoconsumo. La sua tutela è garantita da un’apposita associazione, affiliata a Slow Food. I produttori che ne fanno parte lo possono commercializzare. Le stime ufficiali registrano una quantità complessiva, che varia di anno in anno, all’incirca 35 quintali con tendenza all’aumento. Anche Cecilia fa parte della rete d’impresa che promuove l’aglio. Riserva a questo tipo di coltura una parte di terreno per settemila piantine.

È una macchinetta di informazioni quando ne deve decantare le qualità: una piccola enciclopedia tascabile. Ogni residente ci tiene alla sua “creatura”. L’aglio di Resia ha dimensioni ridotte rispetto alle varietà comuni, perché il bulbo contiene dai sei agli otto spicchi. Il suo colore è inconfondibile: il bianco è ricco di striature che tendono al rosato (e al violaceo sotto il monte Canin).

La particolarità del luogo esalta il profumo e, soprattutto, il sapore intenso, che è dolce e non lascia pesantezza nell’alito. I produttori devono rispettare il disciplinare dell’associazione che impone metodi rigorosamente naturali per la coltivazione. Il lavoro è eseguito a mano, sia per la semina (in novembre) sia per la raccolta (in fase di luna calante di luglio).

Dell’aglio non si butta via niente: né la parte più tenera (scapi) che emerge dalla terra, né i fiori. In entrambi i casi se ne ricava una crema particolarmente delicata. Le vecchie tradizioni sono rispettate anche nella preparazione del prodotto: si usa comporre delle trecce, o dei mazzetti, da mezzo chilo o da uno intero. Cecilia ci tiene alla sua valle e cerca di richiamare i visitatori lì, anche per gli acquisti, in modo da non perdere il valore aggiunto della bellezza. Lei è ormai una promoter del territorio: «La Val di Resia è casa mia».

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