Centinaia di nuove querele: gli investitori si mobilitano

PORDENONE. Le quasi 300 querele arrivate da Veneto e Friuli alla Procura di Pordenone sono soltanto l’inizio. Perché i risparmiatori che hanno perso i loro soldi sono almeno dieci volte tanto e in queste ore stanno affollando gli studi legali, decisi a presentare a loro volta denuncia. Finora la maggioranza degli investitori aveva tentato altre strade per recuperare il denaro, a cominciare dai “viaggi della speranza” negli uffici sloveni della Venice, sollecitando la restituzione del dovuto. Ma ora che Fabio Gaiatto è in carcere e i suoi collaboratori ai domiciliari, l’unica soluzione per riavere i risparmi è quella giudiziaria.
L’avvocato Luca Pavanetto che rappresenta 120 investitori (e 2 milioni di euro spariti), ha collaborato fin dalle prime ore con la Guardia di Finanza e con la Procura di Pordenone per far luce sull’accaduto. «In agosto abbiamo depositato 38 querele, ma altre sono in fase di stesura: arriveremo almeno a un centinaio», spiega il legale.
«Il prossimo passo sarà la costituzione di parte civile nel processo che si aprirà nei confronti degli indagati. In quella sede chiederemo l’integrale risarcimento delle somme usando i proventi dei sequestri fatti in queste ore dagli investigatori». Un altro processo che tocca il risparmio e che come quelli per Veneto Banca e Popolare di Vicenza, vede come vittime migliaia di piccoli investitori. Altre associazioni di risparmiatori stanno valutando l’ipotesi della class action. La cosa certa è che la “controffensiva” del popolo dei truffati è solo all’inizio.
«Inizialmente molti avevano preferito non denunciare – prosegue Pavanetto –. Ritenevano di poter recuperare in qualche modo i loro soldi. Gaiatto prometteva di pagare e i risparmiatori si aspettavano che lo facesse davvero». E non importava se per ricevere rassicurazioni dovevano macinare chilometri: varcare il confine e raggiungere gli uffici sloveni della Venice Investment presidiati da Najima Romani, la moglie di Gaiatti. Che puntualmente garantiva i rimborsi. Con il meccanismo del passaparola, lo stesso che aveva fatto moltiplicare i clienti della società, circolava così la notizia di un pronto pagamento: la rabbia sbolliva, gli animi si rasserenavano. Almeno per qualche tempo.
Le voci giravano facilmente anche perché nelle operazioni di investimento erano coinvolti interi nuclei familiari. Cominciava uno, vedeva che i soldi versati rendevano (e molto), convinceva i parenti a fare altrettanto.
Una sorta di catena di Sant’Antonio che si è spezzata quando gli investitori hanno cominciato a chiedere indietro i loro soldi: denaro mai realmente investito, ma finito direttamente nei conti di società intestate ai prestanome di Gaiatto, almeno secondo le ricostruzioni degli investigatori. Una pluralità di aziende, quelle con cui i risparmiatori si sono rapportati, di cui la Venice Investmente Group ltd (con sede in Gran Bretagna, succursale a Portogruaro e ufficio clienti in Slovenia) e la Venice Forex Investment doo (che cambia la propria denominazione subito dopo le sanzioni Consob), sono le principali.
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