Centro profughi a Coccau, l'ira del sindaco

Al via i lavori all’ex caserma Meloni destinata all’accoglienza di migranti. Carlantoni: «Carta straccia l’accordo sulle quote tra Viminale e Comuni»

UDINE. L’accordo siglato tra il ministero dell’Interno e l’Associazione nazionale dei Comuni italiani (Anci) pare cominciare già a scricchiolare – almeno teoricamente – dopo l’annuncio dell’avvio dei lavori di ristrutturazione nell’ex caserma Meloni di Coccau.

Opere di ammodernamento su una struttura, la stessa che fino a qualche anno fa ospitava gli uomini della Guardia di finanza, che per la verità sono stati iscritti a ruolo da mesi, almeno da settembre quando il Viminale inserì la Meloni nell’elenco degli immobili oggetto di finanziamento – per Coccau furono stanziati 250 mila euro – necessari a rendere gli stabili adeguati all’accoglienza dei richiedenti asilo.

Dopo la sigla dell’accordo romano, però, in tanti, a partire dal sindaco di Tarvisio Renato Carlantoni, avevano pensato che l’ipotesi Meloni fosse definitivamente tramontata considerato come l’eventualità di ospitare una quarantina di profughi in un paese di 4 mila 577 persone (dato della Regione) sia incompatibile con la quota di 2,5 migranti ogni mille abitanti.

Martedì, invece, in Comune è arrivata la comunicazione ufficiale dell’avvio dei lavori affidati alla Protezione civile del Fvg, in base alla convenzione siglata tra la Regione e la Prefettura. «Si comunica che con decreto del 27 settembre 2016 – si legge nella nota – dell’assessore regionale alla Protezione civile, si è dato avvio all’intervento per l’esecuzione di interventi di sistemazione di immobili ex caserme, finalizzati a consentire la prima accoglienza per cittadini stranieri richiedenti asilo, stabile demaniale ex caserma Meloni in Comune di Tarvisio».

La comunicazione, come si può vedere, è datata settembre dello scorso anno, quindi molto prima che al Viminale arrivasse Marco Minniti in seguito al cambio di Governo con il passaggio di consegne tra Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, ma resta il fatto che parli espressamente di «prima accoglienza», non di quel Centro di identificazione ed espulsione (Cie) per il quale Carlantoni si era messo a disposizione di esecutivo e Regione.

«Vorrei capire se l’accordo firmato dall’Anci con Minniti – ha tuonato il sindaco – sia già diventato carta straccia e chiederò al prefetto un incontro urgente in materia. Siamo un Comune di nemmeno 5 mila persone che offre già ospitalità a cinque richiedenti asilo eppure si continua ad andare avanti con il progetto di creazione di un Centro che ci porterebbe a sforare, di molto, le quote di accoglienza e contro il quale mi opporrò con tutte le forze.

Sono un uomo delle istituzioni e come tale rispetto, da sempre, le leggi, così come ritengo che anche il prefetto di Udine debba adeguarsi a quello che decide il ministero. Per cui da Udine mandino pure a Tarvisio altri cinque migranti, così arriveremo al tetto di 2,5 ogni mille persone, ma nemmeno uno di più».

Carlantoni, infine, lascia anche un’altra porta aperta e cioè che la Meloni, se proprio non si vuole mettere mano all’ex caserma dei carabineri adagiata sul confine di Stato con l’Austria, sia trasformata in un Cie piuttosto che in un Centro di accoglienza “tradizionale”. «Se proprio non si vuole investire direttamente al confine – ha concluso – allora si utilizzi la Meloni, a patto, però, che diventi un Cie vero e proprio, con i profughi obbligati a restare al loro interno in attesa dell’espulsione e presidiato, costantemente, dalle forze dell’ordine».

Nel frattempo a provare a gettare acqua sul fuoco ci pensa l’assessore regionale alla Solidarietà Gianni Torrenti. «La Meloni faceva parte dell’accordo – ha spiegato – per “liberare” la Lamarmora ed è stata già oggetto di finanziamento da parte del ministero.

Non è detto che verrà utlizzata per l’accoglienza migranti, ma i lavori devono comunque andare avanti come previsto dal Viminale mesi fa. Anche perché il risanamento di immobili demaniali non è certamente una brutta scelta, specialmente se viene finanziata direttamente dallo Stato».

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