Chiesti i domiciliari per l’omicida di Nadia

UDINE. Le condizioni di salute fisiche e mentali in cui versa Francesco Mazzega, il 36enne reo confesso dell’omicidio della fidanzata Nadia Orlando e rinchiuso nel carcere di via Spalato, hanno indotto i suoi legali a presentare istanza al Tribunale del Riesame di Trieste affinché il collegio valuti l’eventuale possibilità di una misura cautelare alternativa alla detenzione.
La richiesta è stata depositata mercoledì dagli avvocati Federico Carnelutti e Annaleda Galluzzo, dopo che lunedì i legali avevano incontrato il proprio assistito. Mazzega, originario di Muzzana del Turgnano e residente a Spilimbergo, si trova in carcere dal 10 agosto scorso, giorno del suo trentaseiesimo compleanno, dopo un periodo trascorso nel reparto di psichiatria dell’ospedale Santa Maria della Misericordia successivo alla confessione del delitto.
Il 36enne ha raccontato agli inquirenti – le indagini sono in mano alla Squadra mobile, coordinata dal vicequestore aggiunto Massimiliano Ortolan – di aver ucciso Nadia, 21enne di Vidulis, nella notte tra lunedì 31 luglio e martedì primo agosto e di aver girato in auto, con il corpo della ragazza al suo fianco, fino a quando ha deciso di presentarsi spontaneamente alla polizia stradale di Palmanova.
Agli occhi del legali, Mazzega è apparso «in uno stato di profonda prostrazione, fisica e mentale». Lo descrivono come una persona «in palese stato confusionale» e il ritorno in carcere «avrebbe amplificato la sua prostrazione, così come la consapevolezza di quel che sta vivendo e della gravità della situazione».
Ecco perché hanno voluto portare all’attenzione del collegio lo stato psicofisico in cui versa l’omicida. «Alla luce della situazione complessiva della persona e delle problematiche sanitarie che sono emerse – spiega l’avvocato Carnelutti – chiediamo, senza entrare nel merito della colpevolezza, una valutazione sotto il profilo cautelare. Chiediamo che il collegio valuti se il nostro assistito debba attendere in carcere l’esito del procedimento oppure se, per esempio, possano essere disposti i domiciliari con il braccialetto o una misura cautelare alternativa alla detenzione».
Una delle esigenze che avevano imposto il regime carcerario, emersa in precedenza, riguardava proprio «l’inquinamento probatorio, che ora – aggiunge il legale di Mazzega – alla luce delle indagini svolte finora non sussisterebbe più».
Il tribunale del Riesame si dovrebbe esprimere entro fine mese dichiarando l’inammissibilità della richiesta oppure, al contrario, il suo accoglimento, decidendo di annullare o riformulare l’ordinanza di custodia cautelare in carcere disposta dal gip Andrea Comez.
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