Chiude il caffè Zecchini: il triste epilogo per un luogo storico del centro

Chiude il caffè Zecchini di piazza XX Settembre, nome ufficiale e stentoreo per un luogo che gli udinesi più semplicemente chiamavano una volta “plazze de blave” o “plazze dal fisc”. Chiude il caffè di Alice Sant, brutta notizia per gli affezionati clienti che amavano starsene lì, tranquilli, a godersi dai tavolini lo spettacolo del mercato, ma brutta notizia anche per Udine e in particolare per questo suo luogo strategico, mai effettivamente fiorito e cresciuto, com’era nelle intenzioni.
Una piazza che rappresenta così una scommessa persa dopo che una decina di anni fa si decise di portare qui le bancarelle (snaturando il suo nido storico, ovvero San Giacomo), ma senza farvi attecchire un clima da salotto e da convivialità tranquilla, come piace agli udinesi. Lo dimostra pure il declino vissuto dal mercatino dell’antiquariato di ogni prima domenica del mese, ormai ridotto ai minimi termini. E di tutto questo paga le conseguenze lo Zecchini gestito, con gentilezza e tanto impegno, da Alice che ammaina la bandiera mentre sta per divampare la bella stagione.
Scende il sipario (almeno per il momento) su un nome storico tra bar e osterie, omaggiato in tutti i libri dedicati al cuore dinamico e sociale della città. Ne hanno parlato Mario Quargnolo, Mario Blasoni e Luciano Provini in quei testi che sono punti fermi per sapere cos’è accaduto in tempi recenti dalle nostre parti.
Allora, riassumendo, va detto che lo Zecchini, situato all’angolo tra la piazza e via Stringher, è incastonato in un palazzo chiamato Veneziano per lo stile della facciata e che farebbe pensare a uno spazio creato ad arte durante il governo della Serenissima, ma non è affatto così perché la piazza si è formata invece dopo il vuoto lasciato dalla demolizione del palazzo dei Torriani, fatto abbattere nel 1717 proprio dal Doge per punire un personaggio della nota famiglia, il famigerato conte Lucio.
Invece il palazzo attuale, con l’annesso caffè Zecchini, venne costruito nel 1929 dal Comune grazie a un lascito del conte di Toppo utilizzando gli elementi (portone, finestre, bifore, trifora, poggiolo, comignoli) recuperati dai ruderi di una casa quattrocentesca demolita in via Rialto per fare spazio al municipio progettato da D’Aronco.
Lo Zecchini fu trasformato in osteria quando fu ereditato dai fratelli Ernesto e Franco Corazza, nipoti di Michelangelo, un udinese cresciuto a Parigi e divenuto gestore del Mokambo, unico night club cittadino, con versione estiva sulla terrazza del grattacielo Astra, che si affaccia sempre su piazza XX Settembre.
Come racconta in particolare Blasoni, in un suo prezioso libro su caffè e osterie udinesi, lo Zecchini in origine era quasi gemello del Savio, non solo perché situato di fronte all’altro locale, molto frequentato dagli sportivi ai tempi dell’Udinese anni Cinquanta, ma anche perché entrambi storicamente legati, a partire dal 1969, proprio alla famiglia dei Corazza, sbarcati in città già nel 1948. Dal 2004 circa il locale era gestito da Alice Sant, che lo aveva rilevato a sua volta da Luca Rizzi.
Un velo di malinconia scende ora su quest’angolo di città, capace di fornire un interessante punto di osservazione per misurare chi siamo nell’affacendarsi quotidiano. Da lì tutto si vede, nulla sfugge. Sorseggiando un caffè è possibile avere in pugno la vita intima di Udine.
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto