Chiusa in via Aquileia la libreria Serenissima «Burocrazia e fisco rendono tutto difficile»

Era possibile trovare testi usati oppure non più reperibili Anche in lingua straniera. Era stata aperta nel 1976

«Chiusura per cessata attività». Il cartello è appeso alla serranda di uno dei punti di riferimento dei bibliofili udinesi. Dal primo gennaio la libreria antiquaria Serenissima di via Aquileia ha chiuso i battenti.

Nonostante il Friuli Venezia Giulia sia la seconda regione in cui si legge di più in Italia dopo il Trentino-Alto Adige, da un anno e mezzo la libreria non riusciva ad incassare un fatturato che permettesse a Lia Marini di continuare la sua attività. Dopo 43 anni di presenza sul territorio e una vita dedicata ai libri, Lia si è arresa e ha chiuso la libreria aperta dal padre nel 1976. Ora, arrivata vicino all’età della pensione, spera che qualche giovane riesca a rilevare la sua attività, la cui identità fin dall’apertura si è legata al buon libro usato, al piccolo antiquariato e a libri (anche nuovi) riguardanti storia locale.

La titolare del negozio ci lascia entrare a curiosare. Entrando nel negozio con le serrande semi-abbassate si respira il profumo di libri e si sente la magia evocata dai testi di altri tempi.

Gli scaffali, ormai semivuoti, hanno un che di nostalgico. «Una delle ultime cose che ho venduto è stata l’edizione completa de Alla Ricerca del Tempo Perduto di Proust» in francese, racconta Lia Marini. Il titolo del capolavoro di Proust sembra un’ottima metafora per l’attività dei clienti della Serenissima, loro stessi “à la recherche” di libri in qualche modo perduti.

I lettori la frequentavano a caccia di libri non più reperibili, di autori dimenticati o libri minori di autori famosi non più in commercio, libri in lingue straniere (francese, tedesco, spagnolo e inglese) e di piccoli tesori antiquari quali libri antichi illustrati.

Chiedo quale sia il libro più prezioso che ha in negozio, e Lia Marini mi fa vedere una bellissima copia numerata di un’edizione de I Promessi Sposi corredata da acqueforti del valore di 200 euro. «Purtroppo lettori forti che abbiano una concezione del valore del libro in quanto oggetto fisico sono sempre più rari. Clienti disposti a pagare anche 30 o 40 euro per un libro erano soprattutto anziani. Non erano necessariamente detentori di un reddito alto, erano semplicemente appassionati, bibliofili». E la mancanza di riconoscimento di valore dei libri è anche responsabile del fatto che Marini negli ultimi tempi riusciva a reperire sempre meno libri dalle giacenze di eredità che sono sempre state la sua principale fonte di nuove acquisizioni. «Sempre più spesso intervengono ditte che rimuovono tutto, cosa che spesso condanna i libri al macero».

I libri sul territorio avevano una discreta vendita, ma attraevano molto poco l’interesse dei più giovani, i quali frequentavano la libreria a volte come parte di un tour delle varie librerie che costellano via Aquileia e via Vittorio Veneto. Marini sottolinea il clima di assoluta collaborazione tra le varie librerie della città: «Spesso ricevevo clienti mandati da qualche altro libraio per le loro necessità».

Vari problemi di natura burocratica hanno reso il lavoro sempre più difficoltoso: da una parte crescenti responsabilità formali legate alla rivendita di antiquariato, dall’altra nuove richieste di adeguamento fiscale che non erano compatibili con i magri guadagni. —

Valeria Pace

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