Cinque giorni per l'esito di un test. L'odissea di un operatore sanitario: "Senza certificato di fine isolamento, bloccato a casa anche se negativo"

UDINE. L’esito del tampone, per fortuna negativo, è arrivato dal Dipartimento di prevenzione alle 8.30 di mercoledì 16 dicembre via sms, a cinque giorni dal test. Nel mezzo, lunghe ore di attesa che sono diventate sempre più estenuanti mano a mano che il tempo passava. Ore fatte di telefoni muti, linea che non si prende, risposte che non arrivano. Andrea Spinato, che lavora come Oss in ospedale, denuncia la situazione, peraltro comune a moltissimi cittadini che si ritrovano praticamente da soli a gestire la propria positività al virus o quella di un familiare.
«Non mi posso ancora muovere di casa – racconta Spinato, già vicepresidente della Croce rossa – perché devo aspettare che il Dipartimento mi invii anche il certificato di fine isolamento». Già, perché non basta avere in mano il risultato del tampone per poter riprendere il lavoro e uscire, anche solo per farsi la spesa.
Venerdì 11 dicembre Spinato ha fatto il test al drive-in del Fiera, essendo risultato positivo al Covid-19 durante un tampone di screening eseguito al lavoro. «Ho informato subito il mio medico di base e dopo tre giorni sono stato inserito nella lista di coloro che avrebbero dovuto fare il tampone di controllo. Tutto ciò – denuncia Spinato anche sui social – ha significato non solo un ovvio e istantaneo isolamento domiciliare per me e per tutta la mia famiglia, ma anche uno stato di allerta per tutti i colleghi di lavoro ed amici che volenti o nolenti hanno avuto contatti diretti con me».
Tra l’altro il Dipartimento gli ha inviato il certificato di inizio isolamento-quarantena, con tutte le indicazioni da seguire, «solamente cinque giorni dopo aver saputo di essere stato contagiato». Nel frattempo, quindi, una persona non informata non sa che non deve continuare a separare i rifiuti, ma se non conosce questa procedura rischia così di aumentatare la possibilità di diffusione del virus.
«Dopo cinque giorni, quindi oltre 115 ore di attesa, è arrivato il referto. Fino a martedì sera – continua Spinato – non era visibile né sul fascicolo sanitario Sesamo né sulla cartella sanitaria in ospedale G2. L’unico numero di emergenza Covid continua a ripetere che “un operatore sarà disponibile 5 giorni su 7 dalle 8.30 alle 14.30”, ma di fatto non si riesce mai a prendere la linea: solo lunedì ho provato 34 volte a chiamare, inutilmente. E all’indirizzo mail messo a disposizione dal Dipartimento di prevenzione non risponde nessuno. Tra l’altro non ho mai saputo in che modo avrei potuto segnalare la mia positività sull’App Immuni. L’unico a rispondermi, sempre via mali, è stato il Gruppo operativo prevenzione controllo rischio infettivo, ma per alcune informazioni demandavano pure loro al Dipartimento».
Le domande che si è posto il responsabile Cri per le attività sociali sono quelle che si pongono i cittadini ed evidenziano un sistema sanitario tutt’altro che efficiente: »un risultato che non arriva velocemente riguarda decine di persone che, dotate di un sano senso civico eviteranno di uscire e potenzialmente contagiare altre persone».
«Se il referto viene promesso in tempi rapidi – si interroga – perché si verificano tali ritardi? Perché i giornali vengono aggiornati tramite i bollettini mentre le persone interessate da tale bilancio non sono informate? Perché i link e gli indirizzi mail a supporto forniti non funzionano mai? Le tantissime persone che non hanno la fortuna di usufruire dello smart working cosa dovrebbero fare? Prendere ferie? Permessi? Aspettative? Certificati? Chi restituisce ai ragazzi – si chiede infine – giorni di scuola inutilmente persi?»
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