Civibank, la difesa di Pelizzo e Tilatti: «Nessun “buco” per la sede»

UDINE. Spese pazze? Lo storico presidente della banca di Cividale, Lorenzo Pelizzo, respinge l’accusa in modo categorico.
Sulla realizzazione della mega sede dell’istituto di credito, costata qualcosa come 64 milioni di euro, «non ci sono state spese pazze e ogni spesa sostenuta è documentata» ha affermato ieri con convinzione a proposito dell’accusa - sollevata dagli attuali vertici dell’istituto ed estesa al “suo” consiglio di amministrazione - di non aver vigilato sulla costruzione del futuristico immobile.
Un’ombra che investe l’intera governance in forze alla banca all’epoca della realizzazione della struttura, così come gli amministratori dell’ex società immobiliare Tabogan srl, oggi fusa per incorporazione nella Cividale. Tredici persone in tutto che non avrebbero vigilato a dovere sulla costruzione della nuova sede e rispetto alle quali sarà l’assemblea dei soci - il prossimo 30 aprile - a decidere se procedere o meno con un’azione di responsabilità.
Pelizzo rivendica la bontà dell’operazione: «Abbiamo realizzato una struttura moderna, senza falsi storici, e dato una sede, per nulla faraonica, ai 300 dipendenti della banca e di Help Line. Ma soprattutto - aggiunge l’ex presidente - abbiamo disinnescato una bomba ecologica perché tale era il cementificio. Merito - conclude piccato - delle persone i cui nomi sono stati riportati sulla stampa».
Anche Graziano Tilatti, successore di Pelizzo alla guida del consiglio di amministrazione della Cividale, si dice certo d’aver «agito nell’interesse dei soci e della banca».
«Sono convinto - afferma - d’aver operato con la diligenza del buon padre di famiglia cosa che dimostrerò nelle sedi opportune. Scorrettezze non ce ne sono state. Sono tranquillo e fiducioso, anche perché abbiamo fatto tutto quello che ci competeva, seguendo con attenzione l’evolversi dell’opera attraverso le relazioni dei professionisti impegnati sul campo. Dal progettista al direttore dei lavori. E nessuno - conclude Tilatti - all’epoca ha palesato difformità o errori».
Che sarebbero invece venuti alla luce oggi, dopo un certosino approfondimento realizzato in seno alla direzione auditing dalla cui relazione emergerebbero appunto incongruenze tali da aver spinto il Cda in carica, forte di un parere legale, a decidere di rimettere il caso nelle mani dei soci.
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