Cividale, al festival occorre un ripensamento radicale Siete d'accordo? Dite la vostra

Interrogativi e dubbi dopo che l'edizione 2013 passa agli archivi tra polemiche per il cartellone e i contenuti e qualche successo

Forse nessun altro festival in Italia ha suscitato tanto interesse, tante aspettative quanto il. Mittelfest di Cividale, da una ventina d’anni festival di un’area, la Mitteleuropa, per decenni considerata possibile laboratorio per il futuro dell’Europa perché forte di una storia – anche se soprattutto culturale e letteraria, bisogna dirlo! – che nella mescolanza dei popoli e delle culture trovava la sua linfa e la sua caratterizzazione più stimolante e attuale.

E Mittelfest nacque proprio con quell’intento, tuttavia risentendo, appena un anno dopo la sua nascita, di quel drammatico processo di disgregazione che portò a ridefinire la geopolitica dei territori scelti a riferimento del festival. Il quale non poté non registrare questo fenomeno, con risultati e proposte spettacolari che sono andati via via ridimensionandosi sul piano del gradimento del pubblico, e dell’attenzione della critica.

Da qui una ricerca faticosa di identità, che nel panorama italiano ed europeo – ripetiamo – si pone solo e soprattutto per Mittelfest. Tutti gli altri festival si accontentano, si fa per dire, di mettere in mostra quanto di nuovo e di meglio il teatro, la musica e la danza producono a livello nazionale e soprattutto internazionale. Il problema della misson, insomma, scivola in secondo piano.

Per Mittelfest no! E questo è un bene e un male al tempo stesso. Un bene perché costringe chi lo dirige a uno scatto di inventiva e di programmazione di senso in più. Un male perché quando questo scatto non c’è, come rilevato da molta stampa nazionale per Mittelfest 2013 con i suoi risultati «dolceamari», per esempio, le critiche non mancano e si fanno anche pesanti.

Che quella della mission e dell’identità non sia questione proprio da poco è la storia degli ultimi cinque anni di Mittelfest a testimoniarlo: dopo i prime tre anni della presidenza Devetag, in cui si era introdotta la terna di direttori per evitare, si disse all’epoca, quella sorta di perniciosa uniformità “ideologica” di cui era accusata dalla destra locale la precedente gestione Ovadia, tutta giocata sui grandi temi dei diritti, si è ritornati al direttore unico, lo stesso Devetag, passato con un vistoso cambio di statuto da presidente a direttore unico appunto.

Niente di male se non fosse che i risultati sul piano proprio della concezione del festival non sono andati al di là di una tanto generica quanto varia programmazione, assai simile a quella di una qualsiasi stagione delle tante regionali, che certamente non ha contribuito a rinnovare il senso ultimo del festival o a indicarne le strade per il futuro.

Ribadiamo: quello dell’identità e della mission è problema che forse va al di là del Mittelfest stesso, e investe l’area di riferimento che, almeno sul piano della ricerca spettacolare e artistica, non sempre o poco si riconosce in quella storia comune che invece Mittelfest accampa come vitale ragion d’essere.

Tant’è che proprio nella sua ultima edizione, non a caso dedicata agli Incerti Futuri dell’Europa e delle nuove generazioni, lo stesso Moni Ovadia (con cui chi scrive ha collaborato) – personalità che per la storia e per formazione meglio di molti altri altri poteva testimoniare e farsi interprete di una condizione spirituale e di una temperie culturale come la Mitteleuropa – si chiedeva come rinnovare il festival.

Farlo diventare definitivamente finestra di quanto di meglio si andava producendo nel cuore dell’Europa e anche più in là (come capita ad Avignone, alle Wiener Festwochen, al Bitef di Belgrado o alle Vie dei Festival di Modena...) o non invece ripensarlo come laboratorio, magari permanente, fucina per i nuovi talenti della nuova Europa.

Crediamo che un ripensamento radicale di Mittelfest debba essere fatto. Nell’ambito però di un radicale ripensamento di tutta la politica culturale regionale. Per esempio: ha senso spendere un sacco di soldi per i diversi festival della regione (spesso sin troppo autoreferenziali), mentre le biblioteche, autentici presidi culturali sul territorio (tre solo nel virtuoso circuito isontino!), stanno chiudendo o ridimensionando drasticamente le loro attività? Insomma è l’eterno problema delle priorità, dal quale oggi come oggi, visti i dati drammatici della crisi economica, la politica non può più sfuggire. Anche nel caso di Mittelfest.

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