Colautti scende in campo: "Pronto a correre a Udine"
UDINE. Alessandro Colautti non vuole passare «per un politico che si autocandida, come qualcun altro», ma il passo in avanti che compie, a centrodestra, è comunque destinato a lasciare il segno, da qui al 2018. L’attuale capogruppo in Consiglio regionale di Alternativa popolare, infatti, scioglie le riserve e si mette «a disposizione della coalizione come possibile candidato sindaco a Udine per il 2018».
Senza voler rompere con nessuno, muovendosi con «il massimo rispetto per tutti i partiti e le civiche della coalizione», ma con una convinzione di fondo: «Non credo all’uomo solo al comando – ha spiegato –, ma sono in pista, motivato e credo di poter mettere la mia esperienza al servizio della città di Udine».
Consigliere, allora ha deciso davvero di voler fare il sindaco?
«L’autoreferenzialità non mi è mai piaciuta, ma è un anno e mezzo che parlo di Udine e di progetti per la città e, qualora dovessero esserci le condizioni, sarei onorato di mettermi a disposizione. In questi anni abbiamo assistito a una progressiva destrutturazione della regione, con l’eliminazione delle Province e la nascita delle Uti, in cui si sente, pesantemente, l’assenza di Udine e del Friuli dal centro delle politiche regionali. Abbiamo la necessità, adesso, di garantire un futuro al capoluogo, costruendo, tutti insieme, un progetto serio e valido».
Conoscendola pare impossibile che abbia deciso di compiere questo passo senza aver prima, quantomeno in via informale, “annusato” l’aria che tira nei partiti...
«Certamente e, quantomeno sulla persona, non ho notato chiusure a priori, nemmeno dai vertici cittadini di Fi che penso mi considerino come un’opzione valida per riconquistare il Comune. Probabilmente posso pagare la mia battaglia per il Sì al referendum costituzionale, ma se andiamo ad analizzare i flussi elettorali scopriamo che in quel 40% di favorevoli alla riforma c’era una percentuale non irrilevante di elettori di centrodestra. Per cui non credo di essere stato così fuori dagli schemi».
I suoi rapporti con le civiche, invece, come sono?
«Con “Per Udine” e Paolo Pizzocaro in particolare molto buoni, ma il discorso può essere fatto a più largo spettro. Capisco che le liste civiche possano temere di essere fagocitate, ma il loro supporto sarà comunque fondamentale e, anzi, vanno valorizzate proprio come ai tempi di Adriano Ioan. Il candidato sindaco può rappresentare un valore aggiunto, ma certamente non è escludendo, oppure snobbando, qualcuno che si può pensare di vincere e soprattutto governare bene la città».
Domanda secca: perché lei sarebbe meglio di Pietro Fontanini per strappare Udine al centrosinistra?
«Con tutto il rispetto per il presidente della Provincia, credo che una sua eventuale candidatura restringerebbe il perimetro del voto, mentre il sottoscritto è in grado di pescare maggiormente nel campo moderato. Esiste una Udine che va recuperata a un voto popolare e riformista».
La Lega, però, non pare volerla nemmeno incontrare...
«Lo so, ma credo che un po’ di sano realismo farebbe bene a tutti. In Fvg, sia in Regione che in Comune, non si vince a mani basse da nessuna parte e c’è bisogno del supporto di tutti. Poi, personalmente, non ho mai detto di non volere un’alleanza con il Carroccio. Ho sempre sottolineato la necessità che l’asse delle coalizione di centrodestra debba basarsi su un blocco moderato. E questo, se permettete, è un discorso ben diverso».
Teme la concorrenza di Enrico Bertossi?
«Mi sembra che la risposta degli alleati sul suo nome sia stata chiara. D’altronde fa specie pensare di immaginare un elemento di discontinuità dal centrosinistra nella figura di Bertossi, ex assessore di Riccardo Illy e nominato al vertice di Informest da Debora Serracchiani. Mettiamola così: se io, senza dubbio, non sono il nuovo che avanza, non lo è certamente nemmeno lui».
Cosa rimprovera, maggiormente, alla gestione di Furio Honsell?
«Ha usato la fascia tricolore per combattere battaglie ideologiche, spaccando la città senza rappresentare tutti come invece dovrebbe fare un sindaco. Governando, poi, con una visione miope e che io definisco pure amorale. Basti pensare al cambio di atteggiamento sui richiedenti asilo – passando da un’accoglienza indiscriminata alle grida d’allarme – o alla cessione ad Hera di uno dei gioielli della città come Amga in cambio di due spiccioli».
È probabile, per quanto non certo, che il centrosinistra convergerà su Vincenzo Martines. Lei che ne pensa?
«È il volto rassicurante della continuità e credo che vada bene anche a uno come Enrico Leoncini che ha predicato la necessità di uno strappo rispetto al passato (ride ndr). Non so se sarà lui, ma certamente il Pd sceglierà un suo uomo: ha bisogno di legittimarsi dopo i ko in Fvg».
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