«Il colle del castello di Udine esempio unico in Europa»: l’esperto promuove la corsa a sito Unesco
Il professore dell’Università di Nottingham Mark Pearce ripercorre le origini dell’area. Sarebbe stata realizzata nell’arco di un secolo dalla comunità locale
Udine è un caso unico in Europa e merita di entrare nella lista dei patrimoni Unesco. N’è convinto Mark Pearce, professore di Preistoria mediterranea all’Università di Nottingham e tra i più noti esperti del settore.
Professore, perché il colle del castello è così particolare?
«La sua origine è una scoperta straordinaria: non è naturale ma si tratta del più grande colle artificiale della preistoria europea. Anche se in Europa esistono altri esempi, come un esempio neolitico in Inghilterra, il volume di quello di Udine è decisamente maggiore con oltre 32 metri. Questo lo rende un elemento unico e di grande importanza non solo storica, ma anche identitaria per la città».
Come si è arrivati a questa scoperta?
«Tutto è raccontato nel libro “Archeologia urbana a Udine” del Museo friulano di storia naturale. Attraverso analisi archeologiche e carotaggi è stato possibile confermare che il sito è stato creato dall’uomo. In particolare, il materiale per costruirlo è stato preso dalla zona dell’attuale piazza Primo Maggio, dove un tempo si trovava un bacino naturale. Questo serviva poi come riserva d’acqua per l’abitato e il bestiame, dimostrando una pianificazione complessa».
A cosa serviva costruire un’area di queste dimensioni?
«Probabilmente aveva più scopi. Da una parte, poteva fungere da punto di riferimento, visibile da lontano, e da luogo di osservazione da cui si poteva scorgere persino il mare. C’è anche una leggenda secondo cui Attila lo avrebbe fatto costruire per osservare Aquileia bruciare, ma è chiaro che il colle ha origini molto più antiche. Inoltre, è possibile che avesse un valore simbolico e comunitario: dimostrare la forza e l’organizzazione della comunità che lo ha costruito».
Quanto tempo ci è voluto per realizzarlo?
«Non abbiamo una stima precisa, ma si ipotizza che sia stato completato nel giro di circa 100 anni. Questo periodo è sufficiente per immaginare l’enorme impegno di trasporto e accumulo di materiale da parte di una comunità ben organizzata. Udine, all’epoca, copriva una superficie di circa 20 ettari; quindi, era già un centro di rilievo».
Cosa rende Udine diversa da altre città italiane?
«Una delle cose più affascinanti è che il suo assetto urbanistico rispecchia ancora quello dell’età del Bronzo, ovvero di circa 3.500 anni fa. Mentre molte altre città italiane si sono sviluppate su preesistenti insediamenti romani, lei non ha avuto un passato analogo: i Romani si trovavano ad Aquileia. Questo rende Udine unica nel panorama italiano».
Le istituzioni puntano alla candidatura Unesco. È fattibile?
«Si sta valutando una candidatura congiunta con i castellieri del Friuli e dell’Istria, coinvolgendo Croazia e Slovenia. Questo approccio transfrontaliero potrebbe facilitare l’inserimento nella lista Unesco e per me ha tutti i requisiti per essere accettata».
È possibile continuare a scavare per scoprire di più?
«È molto complicato, poiché la sua struttura in ghiaia potrebbe crollare. Tuttavia, sarebbe interessante approfondire gli studi sui terrapieni della città per comprendere meglio la storia e lo sviluppo di Udine».
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