Coltivare la cipolla rossa è un’impresa di famiglia

CAVASSO NUOVO. Coltivare la cipolla rossa di Cavasso Nuovo, prodotto simbolo del paese e presidio Slow food, è la passione che accomuna i componenti della famiglia dell’ex sindaco Silvano Carpenedo.
Tutte le sere, nei fine settimana e nei giorni di festa, Silvano, la moglie Adriana e i figli Gianni e Fabio si ritrovano nell’appezzamento di terreno ubicato in località Stafula, zona storica di coltivazione della cipolla, per dedicarsi all’attività della loro piccola azienda agricola, che porta il nome di Gianni, il più piccolo della famiglia. Un lavoro che si aggiunge a quello che ognuno svolge quotidianamente e in ambiti diversi.
La vita nei campi dei Carpenedo è partita per gioco. Silvano è presidente dell’associazione dei produttori della cipolla rossa di Cavasso Nuovo: poteva il vertice di un sodalizio che sta contribuendo a portare il nome del paese nel mondo non figurare nel novero dei coltivatori? «Un presidente senza cipolla non era all’altezza dell’incarico – scherza Silvano –. Abbiamo cominciato quest’avventura con 500 piantine e zero raccolto.
Eravamo convinti che la cipolla non richiedesse particolari cure». Errori comprensibili per chi è alle prime armi. Sbagliando s’impara e i risultati, ora che la tecnica è affinata, si vedono: le piantine sono salite a 30 mila in 1.500 metri quadrati e il raccolto ammonta a una quarantina di quintali.
I Carpenedo si definiscono «contadini veri». Il loro lavoro agreste è eseguito senza l’ausilio da mezzi particolari. Un carretto per trasportare carriola, annaffiatoio, pala e rastrello: niente di più. «Si lavora a mano – spiegano –. Ci sono produttori che usano la trapiantatrice, ma almeno per ora continuiamo senza aiuti».
Tutto a mano in ogni fase: dalla semina di inizio anno al trapianto, ossia la posa delle piantine che avviene ad aprile, dalla pacciamatura, che consiste nel distribuire la paglia tra le piante per mantenere umidità e rallentare la crescita di erbacce, alla raccolta tra agosto e settembre, dall’essiccazione alla selezione delle cipolle migliori che vengono poi pesate e intrecciate. Niente attrezzi tecnologici e prodotti chimici.
«Il letame è l’unico fertilizzante», precisano. Ogni anno bisogna poi cambiare appezzamento per questioni legate alle malattie: la rotazione è un passaggio obbligato. Una parte della produzione viene venduta a privati, un’altra è destinata alla ristorazione. «Con le cipolle che scartiamo, perché non rispondono a determinati standard, realizziamo le composte – spiega Adriana –. Ce ne sono di diversi tipi, per esempio agrodolce e con arance e peperoncino».
La richiesta c’è: non si fa in tempo a piantare la cipolla che è prenotata. «La fatica è notevole, ma altrettanto si può dire per la soddisfazione – affermano i Carpenedo –. Al momento l’80 per cento è già venduto. La cipolla rossa di Cavasso Nuovo è apprezzata e questo è positivo per il territorio». Il prodotto va a ruba: le scorte si esauriscono rapidamente.
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