Commercio, stangata per chi apre a Pasquetta: multe e stop di un mese

Dietrofront dei centri commerciali che consigliano di abbassare le serrande. Si temono sanzioni fino a 36 mila euro, controlli affidati a Comuni e municipale

UDINE. I principali centri commerciali della regione innestano la retromarcia in attesa che la Corte costituzionale si esprima sul braccio di ferro tra Governo e giunta sulla legge del Fvg che obbliga i negozi delle città giudicate a non prevalente economia turistica – 186 comuni su 216 – ad abbassare le serrande in dieci giornate festive tra cui Pasqua e Pasquetta.

Dopo il Tiare di Villesse, l’Outlet di Palmanova, il Gran Fiume e il Meduna (quest’ultimo per politica aziendale propria) di Pordenone, infatti, sono stati i vertici del Città Fiera di Torreano di Martignacco – il centro commerciale più grande della regione – a comunicare che i negozi del gruppo Bardelli terranno le serrande abbassate non soltanto domenica, ma anche lunedì dell’Angelo, consigliando agli altri esercizi dell’ipermercato di fare altrettanto.

Nonostante gli appelli della grande distribuzione – e di alcuni Comuni – alla giunta di concedere una deroga generale per Pasquetta e per le altre giornate in attesa della pronuncia della Consulta, infatti, il vicepresidente Sergio Bolzonello ha deciso di proseguire sulla linea dura rispedendo al mittente la richiesta.

Se a questo, poi, ci aggiungiamo che l’udienza davanti alla Corte costituzionale si è regolarmente tenuta martedì a Roma, ma i giudici non hanno ancora depositato la sentenza, il sillogismo del teorema dice che la legge Bolzonello è ancora perfettamente in vigore.

Una norma che, particolare tutt’altro che trascurabile, prevede una serie di sanzioni non irrilevanti per chi decide di sfidare la legge e tenere aperto nelle dieci giornate di chiusure obbligatorie, cioè Capodanno, Pasqua, lunedì dell’Angelo, 25 aprile, 1º maggio, 2 giugno, Ferragosto, 1º novembre, Natale e Santo Stefano.

Per i negozi fino a mille e 500 metri quadrati, nel dettaglio, le sanzioni variano da un minimo di 6 mila a un massimo di 15 mila euro. Se l’esercizio commerciale, invece, è compreso tra i mille e 500 e i 5 mila metri quadrati questa somma passa da 10 mila a 24 mila euro, mentre per tutti quelli di dimensioni maggiori la possibile sanzione può arrivare sino a 35 mila euro e comunque non può essere inferiore ai 15 mila.

Cifre che si riferiscono a un singolo negozio per cui, ad esempio, nel caso di franchising con più di un punto vendita aperto nonostante il divieto, la multa irrogata rischia di essere moltiplicata per il numero degli esercizi con le serrande alzate.

Non soltanto, inoltre, perché il valore delle sanzioni si riferisce soltanto alla prima violazione visto che in caso di recidiva la legge prevede un ulteriore inasprimento della pena.

Economicamente, infatti, la sanzione pecuniaria viene elevata di un terzo e, in più, è prevista la sospensione dell’attività commerciale recidiva da un minimo di sette a un massimo di 30 giorni a seconda del singolo caso – e della grandezza del negozio – preso in considerazione.

Considerato poi, che già in occasione della prima serrata obbligatoria – il 1º novembre dello scorso anno – non sono mancati gli esercizi commerciali che hanno tenuto aperto e che, come assicurato da Bolzonello nel corso dell’audizione con i sindacati in Regione di un paio di settimane fa, sono stati regolarmente multati, il rischio di blocco dell’attività, sia esso per una settimana oppure per un mese intero, è particolarmente elevato.

Perché le forze dell’ordine, e in particolar modo i vigili urbani cui è demandato da legge vigente il compito di verificare l’applicazione della norma regionale, hanno l’obbligo di intervenire in caso di segnalazione e, come insegna il recente passato, di produrre il relativo verbale di violazione.

Meglio quindi – è questo il ragionamento dei vertici dei principali centri commerciali della regione – non rischiare di incappare in ulteriori problematiche prima che si pronunci la Consulta.

La grande distribuzione, come noto da tempo, si aggrappa alla Corte costituzionale – e a precedenti, analoghe, per quanto diverse in alcuni punti, sentenze del 2012 e del 2016 – per cassare una legge fortemente voluta e difesa da Bolzonello come «una battaglia di civiltà».

Ma certamente, nessuno può avere la certezza di come si esprimeranno i giudici dopo l’udienza, descritta come particolarmente intensa, di martedì. Bisognerà attendere, presumibilmente dalle tre settimane al mese, per il deposito della sentenza, in altre parole. Dopodiché si saprà se la Regione dovrà alzare bandiera bianca oppure avrà tracciato il solco di una mini-rivoluzione nel campo del commercio.

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