Contributi alle Università: l'ateneo del Friuli contro la Camera
UDINE. «Non possiamo raggiungere gli standard europei se si sottraggono risorse al finanziamento degli atenei: l’Università di Udine già da anni si trova a fare i conti con un grave sottofinanziamento statale», dicono Cristiana Compagno e il neo eletto Alberto Felice De Toni. Che criticano l’emendamento al cosiddetto decreto del fare approvato alla Camera nei giorni scorsi e relativo all’introduzione di un Programma nazionale per il sostegno degli studenti capaci e meritevoli.
«E’ grave andare a prelevare i finanziamenti per le borse di studio dalla quota premiale che gli atenei si sono faticosamente conquistati sulla base dei risultati della ricerca, della didattica e del trasferimento tecnologico».
L’emendamento in questione, che ha già ottenuto il parere contrario della Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui), ha proposto di dedicare al diritto allo studio il 4 per cento (pari a 250 milioni di euro) della “quota premiale” del Fondo di funzionamento ordinario, ovvero la parte del finanziamento statale alle università che viene distribuita in base ai risultati ottenuti dagli atenei nella ricerca e nella didattica. Questi maggiori contributi sarebbero gestiti dalla Fondazione per il merito, introdotta dalla riforma Gelmini ma mai avviata concretamente.
«L’ateneo di Udine – dichiarano i vertici di palazzo Florio - in questi anni ha dimostrato la qualità dei propri risultati riconosciuti dallo stesso ministero, che ha erogato finanziamenti specifici su base premiale. In questo modo l’università friulana è riuscita a compensare i drammatici tagli lineari che dal 2008 hanno colpito il Fondo di finanziamento ordinario delle università. In base ai risultati delle attività svolte, l’ateneo di Udine si colloca tra i migliori atenei d’Italia, posizionandosi stabilmente tra i primi otto in termini di qualità dell’offerta didattica, della ricerca e dei servizi».
Palazzo Florio disapprova il nuovo emendamento: «Il principio del finanziamento su base valutativa è lo strumento principale per far competere l’università italiana a livello europeo, promuovendo costanti processi di miglioramento: svuotare questo principio attraverso l’erosione di risorse produrrebbe un grave danno al percorso virtuoso che il sistema universitario nazionale sta compiendo, anche in relazione alla modifica del principio di finanziamento che progressivamente sta incorporando quote premiali e correggendo le distorsioni connesse al finanziamento su base storica - dicono Compagno e De Toni -. Inoltre la riduzione del finanziamento destinato al merito vedrebbe ulteriormente ridursi i finanziamenti statali alle università, collocandole al di sotto della soglia europea di competitività». Compagno e De Toni auspicano quindi che il testo emendato del decreto del fare possa essere rivisto dal Senato, preservando i principi del finanziamento della qualità dell’università su base valutativa e del diritto allo studio.
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