«Copri il “buco” o ti licenzio» Commessa condannata a 4 anni

La responsabile di un negozio di via Canciani a Udine era riuscita a estorcere 9.800 euro a una collega. Il giudice le ha inflitto anche il risarcimento dei danni. La difesa: nessuna minaccia, era solo autoritaria

UDINE. Era stata lei a sottrarre denaro dalle casse del negozio di cui era la responsabile e sempre lei, poi, a estorcere alla più mite delle commesse quasi 10 mila euro, sotto la minaccia di farle ricadere addosso la colpa degli ammanchi. Ma tanta prepotenza le si era ritorta presto contro.

Perchè con quel comportamento, Barbara Monticolo, 28 anni, di Tavagnacco, aveva finito prima per vedersi licenziata e, a stretto giro di posta, per ritrovarsi anche sotto inchiesta per l’ipotesi di reato di estorsione. Ieri, la vicenda giudiziaria è culminata in una condanna che, nella pena, ha superato le richieste della pubblica accusa: 4 anni di reclusione, a fronte dei 3 anni e 4 mesi chiesti dal vpo Giovanna Schirra, e mille euro di multa, oltre al risarcimento dei danni morali e materiali alla collega costituitasi parte civile, per un ammontare di 15 mila euro e con una provvisionale di 6 mila 500. La sentenza è stata emessa nel tardo pomeriggio dal giudice monocratico del tribunale di Udine, Mariarosa Persico. Scontato l’appello da parte del difensore, avvocato Carlo Carruba.

I fatti risalgono al marzo del 2010 e hanno avuto per teatro l’“Acqua e Sapone” di via Canciani. È stato il legale di parte civile, avvocato Raffaella Pascoletti, a ripercorrere in aula, nel corso della discussione, le tappe del “calvario” vissuto dalla propria assistita, la 26enne Catia Benet, di Prepotto. «Una persona facilmente impressionabile - ha spiegato il legale - e, quindi, profondamente intimorita dall’atteggiamento a dir poco autoritario usato soprattutto verso di lei dall’imputata».

Da tempo noti alle sei dipendenti di via Canciani, gli ammanchi che di mese in mese venivano registrati nella contabilità non erano mai stati segnalati alla sede centrale, proprio per il potere che la Monticolo avrebbe avuto di imporre a tutte il silenzio. Finchè la notizia non era comunque riuscita ad arrivare all’orecchio dei vertici e l’avvio dei controlli non aveva iniziato a innervosire la responsabile. In ballo, un “buco” di cassa di circa 15 mila euro.

Le pressioni sulla Benet sarebbero cominciate in questo momento e avrebbero sortito subito l’effetto desiderato: costretta sotto la minaccia del licenziamento e per non finire a sua volta incolpata a coprire parte dell’ammanco con risorse proprie, la giovane non aveva esitato a consegnare alla Monticolo 9 mila 800 euro, di cui 4 mila attraverso prelievo dal libretto postale, 3 mila 500 dal buono fruttifero e 2 mila 300 in contanti.

Non basta. L’11 marzo, alla Benet era stato imposto anche di firmare una scrittura privata nella quale, insieme alla Monticolo, avrebbe dovuto risultare beneficiaria del denaro formalmente erogato da Lucio Cellamare, ossia un conoscente dichiaratosi disponibile a collaborare con lei per motivi di amicizia.

Le indagini della direzione aziendale, intanto, avevano continuato il proprio corso e finito per individuare proprio nella Monticolo la responsabile dei “disavanzi”. Era stato allora che la commessa, «libera da vessazioni morali - ha affermato l’avvocato Pascoletti - e resasi finalmente conto di quel che aveva subìto», aveva trovato il coraggio di denunciare la capa. Tutt’altra l’interpretazione dei fatti proposta dall’avvocato Carruba.

Secondo il quale dall’istruttoria «non è emerso alcun elemento di minaccia, ma soltanto un carattere particolarmente autoritario, peraltro verso tutti». La difesa ha anche ricordato come una delle commesse avesse riferito che il residuo di cassa veniva riposto ogni sera in un armadio e che la chiave era a disposizione non della sola Monticolo, ma di tre di loro. Evidenziando alcune contraddizioni tra quanto dichiarato in indagine preliminare e quanto diversamente riportato poi in aula dal Cellamare, il legale ha infine chiesto l’invio degli atti sul documento alla Procura.

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