Corno di Rosazzo: rinasce Villa Nachini Cabassi

Ci sono degli edifici che raccontano delle storie, che conservano le trame di un tempo denso e raccolgono tra i muri porosi le voci e i rumori di una temporalità lontana. Non sono luoghi “comuni”, la loro storia va ricercata con pazienza. Di questi luoghi bisogna prendersene cura, “riportarli alla luce”, restituirli al visitatore curioso e pronto a ricercare le tracce del tempo che devono essere riconoscibili per mantenere viva la suggestione.
Si risveglia per aprirsi per la prima volta, nella sua rinnovata bellezza, a una comunità, il complesso storico-architettonico di Villa Cabassi a Corno di Rosazzo, che verrà aperto al pubblico venerdì 28, alle 18.30, e inaugurato ufficialmente sabato 29.
Questa prestigiosa villa veneta, che si trova nel vecchio centro del paese accanto alla chiesa parrocchiale di Santa Maria del Rosario, è di impianto settecentesco con corte d’onore, l’importante porticato neoclassico e l’antico foledor. Da venerdì avrà una nuova denominazione: si chiamerà Villa Nachini Cabassi in onore del suo primo illustre proprietario, Pietro Nachini, nato Petar Nakic in Dalmazia.
Catalogato dal 1999 dal centro di Villa Manin come monumento storico e architettonico di pregio, il complesso di Villa Nachini Cabassi comprende l‘impianto della villa veneta con edifici databili in varie epoche dal 1700 ai primi del Novecento, un ampio parco esterno, un’area interna con il giardino di fronte al porticato neoclassico, un giardino centrale e diversi fabbricati.
Grazie alla tenace volontà dell’amministrazione del Comune di Corno di Rosazzo, la Villa – abitata dalla famiglia Cabassi fino al 2010 - oggi diventa nuovo spazio di promozione del territorio, futura sede di eventi culturali e di rappresentanza, con una nuova enoteca-ristorante, un info point, e diversi spazi espositivi e congressuali. Ma anche nucleo centrale del Parco delle Rose che da essa s’irradia attraverso una serie di piste ciclo-pedonabili lungo i Colli Orientali fino l’Abbazia di Rosazzo.
Leggero e garbato l’intervento di recupero del complesso seguito dall’architetto Paolo Coretti. «Capii- scrive Coretti nell’opuscolo nato in occasione dell’inaugurazione – che avrei dovuto intervenire in silenzio, in maniera dimessa, operando con gesti e segni contenuti, quasi impercettibili».
Portare nel presente un passato vivo e renderlo fruibile senza sovrastrutture, nella consapevolezza che alcuni segni sono andati irrimediabilmente perduti, come i dipinti del pittore cividalese Francesco Chiarottini commissionati dalla famiglia Pontotti residente nella Villa fino al 1817.
Portare alla luce e non coprire le tracce di questa storia che inizia nel 1715, sulla sponda sinistra del fiume Corno quando il cividalese Giorgio Antonio Pozzi ne inizia la costruzione in quelle terre già appartenute all’Abbazia di Rosazzo, luogo che rimanda ad altre storie di viandanti, di pellegrini e di devozione. E quella data (precisamente il 1720) è ancora incisa e visibile sopra al portale d’ingresso in pietra.
La Villa, lasciata in seguito al Capitolo di Cividale, assieme alla braida e ad alcuni poderi, viene data a Pietro Nachini, uno fra i più importanti organari del Settecento (già frate francescano, poi secolare) quale compenso per il restauro dell’organo del Duomo di Cividale del Friuli. “Tracce della devozione di Nachini - registra Coretti -“l’oratorio, di cui rimane l’impianto delle mura, sul limitare della piazza, il sobrio timpano e il pronao rivolto a occidente”, mentre le note suonate dall’organaro possono solo essere “ascoltate” e percepite dall’immaginario del visitatore. Ancora visibile il pozzo voluto dalla sorella di Pietro, Anna.
La musica continua ad abitare nella Villa anche con la successiva proprietaria, Eleonora Kadcigh, vedova del conte e violista Leonardo Giorgio Pontotti, per il quale Antonio Vivaldi scrisse una partitura per violino, e con il figlio Giovanni Battista, anche egli musicista.
Coglie l’eco di un passato musicale l’intervento di restauro che vede nella braida retrostante la costruzione di una nuova barchessa, (un berceau) destinata a circondarsi di roseti e rose rampicanti, luogo adatto a gustare al chiaro di luna nuove delizie musicali e non solo del palato; naturale spazio di espansione del nuovo ristorante.
Ugualmente si presta alla musica ma anche a convegni e incontri la “sala dai cavalirs”, una sala auditoriale per circa 160 persone ricavata al primo piano nel locale destinato originariamente all’allevamento dei bachi da seta e ancor prima a un grande granaio. Ma la storia era scivolata già avanti di qualche pagina. Nel 1817 la famiglia Cabassi, probabilmente originaria di Medea, diventa proprietaria della Villa e il notaio Giovanni Battista Cabassi ne inizia gli ampliamenti, proseguiti nel tempo dai suoi eredi, in particolare dall’ingegner Giuseppe Cabassi che progetterà anche il teatro comunale della vicina Cormòns.
Viene realizzato l’ampio porticato con colonnato in stile neoclassico. Ampliati il granaio (oggi “sala dai cavalirs”), il foledor, cioè il luogo di raccolta e lavorazione dell’uva, dove un tempo, l’odore del mosto si mescolava alle voci della vendemmia. Oggi, in sintonia con la vocazione originaria, il foledor sarà utilizzato per la degustazione della produzione vitivinicola dei Colli Orientali.
Di quegli anni è la costruzione della barchessa aperta, usata dapprima come filanda, poi come scuderia e infine quale deposito dei mezzi agricoli. La barchessa, nella “nuova” Villa Nachini Cabassi, recentemente, è stata chiusa con serramenti in vetro e ferro per ospitare l’enoteca e i locali del ristorante. Per gli ospiti anche una foresteria con tre camere.
Al piano terra, destinati un tempo alla residenza, trovano oggi spazio alcuni uffici di coordinamento del centro di aggregazione giovanile, connessi con un ampio locale di ritrovo che ha visto il restauro e il ripristino dell’antico fogolar. Novità assoluta l’ingresso nella parte orientale che interrompe il muro di cinta in prossimità della barchessa con un percorso pedonale sapientemente illuminato.
L’invito alla corte interna termina con un gelso di recente piantumazione, simbolo del luogo e della cultura del territorio.“I lavori sono stati terminati a febbraio”, scrive Coretti e ricorda il pensiero di Paul Valery “…non hai mai osservato, camminando nella città, come tra gli edifici che la popolano, taluni siano muti, e altri parlino, mentre altri ancora, che sono più rari cantano?" . “La domanda - conclude - mi emoziona perché in certe mattine di sole ho sentito la Villa cantare”.
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