Coronavirus, Gimbe: "Questa è la la terza ondata". Udine è la sesta provincia in Italia per contagi, Gorizia è nona

UDINE. La temuta terza ondata è in arrivo. Da settimane lo sguardo dei ricercatori era rivolto a quelle «spie rosse» a livello locale che si muovevano sotto una curva nazionale che rimaneva stabile. Vere e proprie allarmi sull’impennata dei contagi sotto la spinta delle varianti come quella inglese. E oggi, nel monitoraggio indipendente, la Fondazione Gimbe registra un’inversione del trend nazionale con un incremento del 33% dei nuovi casi nella settimana dal 24 febbraio al 2 marzo.

«È l’inizio della terza ondata» sintetizza il presidente Nino Cartabellotta che fa notare come «gli amministratori locali continuano a ritardare le chiusure e le zone rosse locali arrivano quando la situazione ormai è sfuggita di mano. Questa “non strategia” favorisce la corsa del virus e costringe poi a chiusure più estese e prolungate». La situazione è complicata poi «dalla campagna vaccinale che stenta a decollare» non solo per i ritardi nelle consegne ma anche per le «difficoltà organizzative di molte Regioni che lasciano in frigo 2 milioni di dosi (il 30% delle forniture) he potrebbero evitare ricoveri e salvare vite soprattutto dei più fragili». L’ultimo Dpcm a firma Draghi, «lascia immutato il sistema delle Regioni a colori. E a pagare il conto più salato, come sempre, è la scuola».
La situazione in Friuli Venezia Giulia
Critica la situaizone in Friuli Venezia Giulia con le province di Udine e Gorizia che entrano nella lista delle province dove è cresciuta maggiormente l'incidenza dei casi ogni 100 mila abitanti. Udine e la sua provincia sono seste in Italia per crescita di positivi passando dal 5% della scorsa settimana a un +78,4%. Poco più in basso, al nono posto, c'è Gorizia con il 75,3 percento di incremento.

La nostra regione supera la soglia critica delle terapie intensive di pazienti Covid-19 con il 35% dei posti letto occupati (il limite è 30%). Anche la variazione dei casi, come anticipato, è cresciuta del 63,8% rispetto alla settimana precedente. Un quadro che giustifica anche le decisioni prese dalla giunta di stringere le maglie delle concessioni, soprattutto in provincia di Udine e Gorizia.
I dati
Nella settimana 24 febbraio-2 marzo, si rileva un netto incremento(+33,2%) dei nuovi casi (123.272 contro i 92.571 dei sette giorni precedenti) e un calo del 10% dei decessi (1.940 contro 2.177). In rialzo dell’11% i casi attualmente positivi (430.996 contro 387.948) e le persone in isolamento domiciliare (409.099 contro 367.507). Sul fronte sanitario, aumentano del 7% i ricoveri con sintomi (19.570 contro 18.295) e dell’8% le terapie intensive (2.327 contro 2.146). L’occupazione da parte di pazienti Covid supera in 5 Regioni la soglia del 40% in area medica e in 9 Regioni quella del 30% delle terapie intensive. Rispetto alla settimana precedente, in 16 Regioni e nella Provincia autonoma di Trento aumentano i casi attualmente positivi per 100.000 abitanti e in tutto il Paese sale l’incremento percentuale dei nuovi casi ad eccezione della Provincia autonoma di Bolzano, Umbria e Molise già sottoposte a severe misure restrittive.

Il controllo delle varianti
L’indagine dell’Istituto Superiore di Sanità ha stimato, al 18 febbraio, la prevalenza della variante inglese al 54%, di quella brasiliana al 4,3% e di quella sudafricana allo 0,4%. «Con i contagi in rapida crescita la diffusione delle varianti è sicuramente maggiore ed è pertanto fondamentale essere tempestivinell’istituzione delle zone rosse a livello comunale e provinciale». In particolare, nella settimana 24 febbraio-2 marzo, in 94/107 Province (87,6%) si registra un incremento percentuale dei nuovi casi rispetto alla settimana precedente, con valori che superano il 20% in ben 65 Province.
Vaccini: forniture e somministrazioni Dei 15,6 milioni di dosi previsti per il primo trimestre 2021, al 3 marzo ne sono state consegnate alle Regioni 6.542.260 (il 41%). Per rispettare le scadenze contrattuali fissate al 31 marzo, nelle prossime 4 settimane dovranno essere consegnate in media 2,3 milioni di dosi/settimana. Ma ad accelerare non dovrà essere solo la produzione, ma anche la campagna di somministrazione. Poco meno di due milioni di dosi (il 30%) sono rimasti in frigo: le dosi somministrate sono 4.587.565 (70,1%). Di queste, 1.454.503 persone hanno completato il ciclo vaccinale (2,44% della popolazione) con la seconda dose, con marcate differenze regionali: dal 4,18% della Provincia autonoma di Bolzano all’1,72% dell’Umbria. «L’avvio della campagna vaccinale fuori da ospedali e Rsa – commenta Gili – ha determinato una frenata sul fronte delle somministrazioni, con quasi 2 milioni di dosi (pari al 30% delle consegne) ancora inutilizzate».
Si rilevano inoltre rilevanti differenze tra i diversi vaccini: mentre le somministrazioni di Pfizer si attestano all’89% delle dosi consegnate, quelle di Moderna e AstraZeneca stanno infatti procedendo più lentamente. Tuttavia, se il 29,1% di Moderna è condizionato al ribasso dalla recente consegna della metà delle dosi, per AstraZeneca le somministrazioni si attestano al 26,9%, spia di problemi organizzativi nella vaccinazione di massa, anche se non si possono escludere possibili rinunce selettive a questo vaccino o ritardi nella rendicontazione dei dati. «Se per Pfizer e Moderna è prudente mettere da parte la dose per il richiamo previsto rispettivamente a 3 e 4 settimane visti i ritardi nelle forniture– spiega Cartabellotta – per AstraZeneca è possibile somministrare la seconda dose sino a 12 settimane: non esiste quindi alcuna ragione per accantonare le dosi, ma bisogna invece velocizzare le somministrazioni».
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