Coronavirus in Cina: cosa sappiamo finora e cosa consigliano gli esperti

Si chiama 2019-nCoV e ha già messo in allarme gran parte del pianeta. Abbiamo raccolto le maggiori informazioni da sapere sul coronavirus cinese e ricostruito quali sono i possibili scenari. In collaborazione con Giornalettismo 
 
Dall’Estremo Oriente al resto del mondo. I timori per il coronavirus 2019-nCoV hanno presto travalicato i confini della Cina per propagarsi in un Pianeta che, mai come oggi, appare sempre più ristretto. Il numero dei contagiati e delle vittime è in costante aggiornamento (e purtroppo ascesa). Al 28 gennaio le vittime ammontano a 107, mentre il numero dei contagiati ufficiali (ovvero resi noti dalle autorità di Pechino e che in molti reputano non attendibili) a 4.515. La stima è quasi raddoppiata nel giro di 24 ore. 
 
Il 26 gennaio l’OMS ha inoltre confermato che il rischio rimane “molto alto” in Cina, “alto” a livello regionale e a livello globale. Si tratta di una valutazione che è rimasta invariata da quanto dichiarato dalla stessa Organizzazione Mondiale della Sanità lo scorso 22 gennaio, malgrado molti abbiamo recepito questa classificazione come un ulteriore motivo di allarme. Ma di cosa parliamo, quando parliamo di coronavirus cinese?
 
 
Cominciamo con il dire che ciò che sta spaventando la Cina è il coronavirus 2019-nCoV ed è un ceppo, non precedentemente identificato, di una vasta famiglia di virus noti per causare negli umani infezioni respiratorie, spesso di lieve entità. Rientrano in questa categoria molti virus influenzali e parainfluenzali tra i principali responsabili, ad esempio, del raffreddore umano.  I coronavirus albergano spesso fra gli animali, ma alcuni di essi sono in grado di infettare anche gli esseri umani, talvolta con elevati gradi di pericolosità. È il caso dell’epidemia di Sars, proveniente molto probabilmente dai pipistrelli  È una forma di polmonite atipica apparsa per la prima volta nel 2002 nella provincia del Guangdong (Canton) in Cina e identificata da un medico italiano, Carlo Urbani. Il microbiologo morì in seguito al contagio e alle complicazioni della malattia. L’epidemia di Sars nel corso del 2003 provocò circa 800 vittime tra paesi asiatici e Canada. 
 
O è il caso della Mers, la sindrome orientale da Coronavirus , identificata per la prima volta nel 2012. Il contagio avviene prevalentemente (anche se non esclusivamente) tra umani e cammelli infetti: il morbo ha provocato circa 858 decessi in tutto il mondo. 
 
Ancora non è chiaro da quale animale sia responsabile del “passaggio” da animale a uomo, né se questa sia la genesi del 2019-nCoV. I ricercatori ipotizzano tuttavia che il virus sia stato diffuso dai pipistrelli ai serpenti e quindi all’uomo, ma al momento non ci sono certezze scientifiche. Quel che è certo è che questa potrebbe essere un’informazione rilevante per lo studio e la gestione della malattia e che ci sono delle affinità tra Mers, Sars e il coronavirus 2019-nCoV. Quest’ultimo avrebbe un patrimonio genetico simile per il 70% alla Sars e per il 40% alla Mers. 
 
 
Al momento non c’è nessun vaccino in grado di contrastare efficacemente il virus, la terapia si basa quindi sul controllo e sull’osservazione dei sintomi dei pazienti. Gli esperti però fanno sapere che la terapia di supporto però può essere molto efficace. La buona notizia è che molti infettati sono guariti e la malattia non sembra avere l’elevato tasso di mortalità che caratterizza la Sars (10%) o la Mers (36%), anche se è presto per stabilirlo con certezza. Secondo le prime osservazioni dei ricercatori il tasso di mortalità si aggirerebbe attorno al 3%, ma la stima dipende dai numeri forniti al momento dalle autorità di Pechino. 
 
Analogo discorso va fatto per il “tasso di contagio” (chiamato scientificamente “Tasso netto di riproduzione”) che si aggirerebbe tra 1.4 e 2.5; significa che ogni persona infetta può potenzialmente diffondere la malattia fino a 2.5 persone. Anche in questo caso però non ci sono certezze e le stime potrebbero essere sottostimate. Uno studio condotto dall’Università di Hong Kong e in corso di revisione, fisserebbe, secondo il quotidiano Le Monde, questa asticella tra 3.3 e 5.5. Per fare una proporzione il virus della Sars ha un tasso netto di riproduzione compreso  tra 2 e 5. Generalmente più è alto il tasso netto di riproduzione di un virus, più è difficile controllare l’epidemia. 
 
 
Il periodo di incubazione secondo gli scienziati va da sei a quattordici giorni e si è stabilito che la malattia può essere veicolata purtroppo anche da pazienti asintomatici.I sintomi più comuni del virus includono febbre, tosse secca, mal di gola e difficoltà respiratorie.Ma nei casi più gravi, l'infezione può causare polmonite, sindrome respiratoria acuta grave, insufficienza renale e persino la morte. 
 
Al momento non esiste un pericolo coronavirus cinese in Italia, quindi non c’è nessuna misura particolare da prendere in considerazione. 
 
Medici e immunologi consigliano tuttavia di mantenere una buona igiene personale. Importante, in particolare, è il lavaggio delle mani con acqua e sapone o soluzioni alcoliche e delle vie respiratorie (starnutire o tossire in un fazzoletto con il gomito flesso). L’OMS inoltre sconsiglia il consumo alimentare di animali vivi o poco cotti, così come il contatto diretto con animali vivi se si visitano mercati alimentari (come quello di Wuhan). Preferibile inoltre evitare il contatto con chiunque presenti segni di febbre e tosse. 
 
 
Discorso diverso va fatto per i viaggiatori provenienti da aree a rischio: se nelle due settimane successive al ritorno si presentassero sintomi respiratori va contattato immediatamente il medico di base. In caso di presenza di sintomi quali: febbre, tosse secca, mal di gola e difficoltà respiratorie è consigliabile chiamare il 118, piuttosto che recarsi al pronto soccorso. È preferibile ovviamente posticipare i viaggi non necessari in aree a rischio della Cina. 
 
Aggiungiamo che è importante non prendere per veritiera ogni tipo di informazione presente sul web, ma è preferibile informarsi su canali attendibili come quello messo in piedi dal Ministero della Salute che ha predisposto anche un numero verde per informazioni: l’1500
 
 
La maggior parte dei casi si sono registrati in Cina con più di 4000 infetti e 107 morti: il virus si pensa sia partito dal mercato del pesce di Wuhan (anche se uno studio pubblicato sulla rivista scientifica “The Lancet” mette in dubbio questa eventualità). Sicuramente Wuhan, la più grande città della Cina centrale cinese sta pagando il tributo più pesante a questa malattia e che si trova, al momento, in quarantena su disposizione del governo cinese. In particolare nel tentativo di contrastare il virus, le autorità cinesi hanno di fatto isolato le tre città principali della provincia di Hubei: Wuhan (11 milioni di abitanti), Huanggang (7 milioni di abitanti), Ezhou (1 milione di abitanti). Parliamo di un cordone sanitario senza precedenti: le persone messe in quarantena ammontano a 56 milioni, una percentuale superiore alla popolazione di molte nazioni europee. 
 
Ma, mentre anche a Pechino si registra  la prima vittima per il virus, anche alcune nazioni hanno riscontrato i primi casi. In particolare il virus ha fatto la sua comparsa anche a Hong Kong, Tailandia, Macao, Taiwan, Stati Uniti, Australia, Singapore, Corea Del Sud, Giappone, Malesia, Vietnam, Nepal, Cambogia, Sri Lanka. Costa D’Avorio. 
 
 
 
(Si prega di pazientare qualche secondo se la mappa tarda a caricarsi) 
 
In Europa ha fatto invece la sua comparsa in Francia, dove si sono registrati tre casi e in Germania che, con un caso, fa registrare però il primo caso di contagio da uomo a uomo in Europa. Si tratterebbe di un uomo che sarebbe stato da un collega di lavoro proveniente dalla Cina. 
 
 
L’organizzazione mondiale della Sanità al momento non ha ancora dichiarato lo stato di emergenza internazionale motivando, lo scorso 23 gennaio, che è ancora “troppo presto” per prendere una decisione in questo senso. Ovviamente le valutazioni dell’OMS potrebbero cambiare nella prossima riunione, attesa per giovedì 30 gennaio. Istituito nel 2005 lo stato di emergenza internazionale è stato dichiarato già cinque volte: per l'influenza aviaria nel 2009, per l’Ebola nel 2014 e nel 2019, per il virus Zika nel 2016 e per un’epidemia di poliomelite nel 2014. Per il momento l’OMS raccomanda gli screening alle uscite degli aeroporti come parte di una serie di misure di contenimento. 
 
Non c’è nessun pericolo invece, secondo gli esperti per quanto riguarda i contatti con la comunità cinese presente in Italia, il consumo di cibo nei ristoranti cinesi o addirittura con l’utilizzo di oggetti inanimati come giocattoli o vestiario.  Gli stati europei (ma non solo) intanto si stanno attrezzando per rimpatriare i cittadini presenti a Wuhan, un’operazione sembra tuttavia non semplice
 
Interrogato sulla propagazione del virus, il ministro della Salute Roberto Speranza ha specificato che “l’Italia ha immediatamente attivato significative misure di prevenzione”. Tra queste: misurazione della temperatura corporea, identificazione e isolamento dei malati, procedure per il rintraccio e la quarantena dei contatti stretti. Per il ministro inoltre, il nostro Paese ha adottato un approccio ancora più protettivo rispetto ad altri  “applicando immediatamente procedure di controllo sui voli provenienti da Wuhan e da tutti gli aeroporti cinesi, attivando il canale sanitario e prevedendo misure di prevenzione diffuse tramite i più moderni sistemi telematici”.
 
 
 
 

 

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto