Coronavirus, in Fvg nell'arco di un anno impennata della mortalità (+70%) in quindici comuni scelti a campione

UDINE. La cifra già impressionante di quasi 14 mila morti raggiunta dall’ultimo bollettino della Protezione civile, quello di mercoledì 1 aprile, o un bilancio ancora più pesante, come temono molti addetti ai lavori?
I dati sulla mortalità anticipati mercoledì dall’Istat, purtroppo, fanno temere che sia vera la seconda ipotesi. In base al campione di 1.084 comuni le cui Anagrafi hanno già reso disponibili i dati sui decessi nel mese di marzo, infatti, il tasso di mortalità nel nostro Paese risulterebbe addirittura raddoppiato, prendendo come riferimento i dati registrati nelle prime tre settimane di marzo.
Con una differenza che, tra il 1º e il 21 marzo, e solo nei comuni considerati, corrispondenti a circa il 20-25% della popolazione nazionale, faceva già registrare oltre 8 mila decessi in più rispetto all’anno scorso, a fronte di un bollettino della Protezione civile che, sempre al 21 marzo, indicava 4.825 decessi di pazienti risultati positivi al Covid-19.
IMPENNATA DEI DECESSI
Così come è vero che spesso il virus la concausa di decessi legati a quadri clinici già compromessi. Ma l’impennata dei decessi che emerge dai dati Istat è evidente: normalmente, a livello nazionale, le variazioni del dato sono contenute (58.200 morti nel 2017, 58.600 nel 2018, 57.900 nel 2019), mentre dai dati sui primi mille comuni rilevati emerge addirittura, come detto, un raddoppio.
Vero che sul raddoppio incide tantissimo il dato della Lombardia, con il suo +144% di mortalità e un peso preponderante nel campione Istat (oltre 433 dei 1.084 comuni considerati sono lombardi), ma quasi tutte le regioni considerate mostrano percentuali d’incremento molto alte.
QUI FVG
Non fa eccezione il Friuli Venezia Giulia, sebbene il campione di riferimento sia per il momento molto, ma molto limitato. Solo 15 dei 215 Comuni della nostra regione hanno infatti reso disponibili i dati sulla mortalità a marzo: si tratta di Campoformido, Carlino, Dignano, Gonars, Latisana, Lignano, Muzzana, Palazzolo, Palmanova, Povoletto, San Giorgio in provincia di Udine, Prata e Sesto al Reghena in provincia di Pordenone, Romans e Staranzano nell’Isontino.
Tra l’1 e il 21 marzo di quest’anno i decessi nei 15 comuni considerati sono stati 86, contro i 50 dello stesso periodo dello scorso anno. L’incremento è del 72%, ma il campione, come detto, è troppo limitato (solo 87 mila abitanti su un totale regionale di 1,2 milioni) per poter già attribuire a questo dato una valenza regionale.
Se così fosse, anche da noi il bilancio del virus in termini di vite umane sarebbe molto, ma molto più pesante di quello ufficiale, che a ieri era di 130 morti. Un incremento del 70% della mortalità a marzo, se confermato quando saranno disponibili i dati di tutti i 215 comuni, corrisponderebbe infatti per la nostra regione a circa 900 decessi in più nel confronto tra 2020 e 2019.
DANNI INDIRETTI
Se l’incremento dei decessi sarà confermato quando i dati sulla mortalità saranno completi, l’interrogativo a cui rispondere non riguarderà soltanto l’impatto diretto del Covid, ma anche gli effetti collaterali su un sistema sanitario che, sottoposto a uno stress senza precedenti, potrebbe aver visto sensibilmente ridursi la sua capacità di risposta ad altre patologie e cause di morte. –
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto