Coronavirus, inchiesta per omicidio colposo: così a Pordenone si cerca di fare chiarezza sulle morti in casa di riposo

A Zoppola 14 vittime, a San Vito 5. Il procuratore Tito: «In alcune strutture hanno contenuto i contagi, in altre no»

PORDENONE. La Procura di Pordenone ha aperto un’inchiesta per far luce sulle circostanze che hanno portato al decesso per Covid-19 di una ventina di anziani degenti nella Destra Tagliamento. Si valuta l’ipotesi di omicidio colposo plurimo. Il fascicolo, affidato ai pm Federico Facchin e Maria Grazia Zaina, è a carico di ignoti.

«Abbiamo voluto accendere un piccolo faro su queste due vicende – ha precisato il procuratore Raffaele Tito – per capire che cosa sia successo alla casa di riposo di Castions di Zoppola e all’hospice di San Vito al Tagliamento».



Dal 26 marzo a oggi sono morti, dopo il contagio da coronavirus, 14 anziani della casa di riposo gestita dalla Fondazione Micoli-Toscano. A Castions attualmente sono 48 gli ospiti positivi al Covid 19, 10 dei quali ricoverati.

All’hospice di San Vito, trasformato in reparto Covid, si contano invece 5 decessi su 18 pazienti ammessi, arrivati dall’ospedale di Pordenone. Quattro pazienti invece sono stati dimessi, dopo essere guariti dal virus. All’hospice arrivano solo degenti con Covid, distribuiti in due ali distinte: in via di negativizzazione, ma molto instabili per via dell’età assai avanzata, oppure in fase terminale.

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Da sinistra: Franco Bellomo, Eugenio Crozzoli e Anna Maria Matteotti


«Intendiamo appurare – ha aggiunto il procuratore Tito – se vi siano state negligenze nella gestione della vicenda. È vero che questa epidemia ha avuto sotto il profilo medico un’evoluzione inattesa, ma in alcune strutture sono riusciti a contenere i contagi, in altre no. Una situazione dovuta al caso o a colpa? Se un profilo colposo c’è stato, è nostro dovere occuparcene».

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Gli inquirenti hanno concentrato la loro attenzione, per il momento, su questi decessi. Sulla Seconda medicina del Santa Maria degli Angeli di Pordenone, invece, a seguito dell’esposto sui contagi in reparto pervenuto in Procura, è stata aperta un’indagine conoscitiva, affidata al pm Carmelo Barbaro.


Finora al palazzo di giustizia non sono arrivate segnalazioni da parte dei familiari degli ospiti deceduti o dal personale delle strutture in esame. Per prima cosa si procederà all’acquisizione della documentazione relativa ai pazienti deceduti, ricostruendo la loro intera storia clinica e verificando come e dove abbiano contratto il virus. Pur con le restrizioni imposte dalla pandemia, scatteranno le verifiche degli inquirenti.



Compleanno amaro, ieri, per Bruno Ius, presidente della Fondazione Micoli Toscano, ente proprietario della casa di riposo di Castions: «È giusto che la Procura faccia il suo lavoro, ma noi ci sentiamo sereni e con la coscienza a posto. Abbiamo fatto tutto quello che ci è stato prescritto. Siamo partiti subito con le misure, seguendo alla lettera le disposizioni, ma questo virus è un nemico che non si vede».

Ius ha ricordato che già all’indomani del primo decreto del governo la casa di riposo di Castions ha precluso l’accesso a tutti i parenti degli ospiti. «Abbiamo otto infermiere e una cinquantina di operatori socio-sanitari. In qualche modo il virus è entrato, ma ci sono portatori di virus negativi, che stanno bene e lo trasmettono, senza nemmeno saperlo. Per questa ragione ci hanno detto di restare tutti a casa».

L’inchiesta è un fulmine a ciel sereno anche per Anna Maria Conte, responsabile della struttura complessa cure intermedie, palliative e hospice. «Tutte le nostre rsa – il bilancio di Anna Maria Conte – sono “pulite”, tranne quella di San Vito, che per scelta è diventata Covid, è stata isolata dalla casa di riposo e sta andando in esaurimento, man mano che i pazienti, negativi al tampone, vengono dimessi, con percorsi protetti.

L’hospice non è un reparto misto, ma accoglie solo pazienti positivi al covid, che ci arrivano dalla medicina di Pordenone. Non appena un paziente diventa negativo al tampone, lo trasferiamo subito a domicilio oppure nelle rsa non inserite in case di riposo, dunque non a rischio».

Giungono all’hospice casi gravi, con patologie pregresse, con un quadro clinico molto serio, al di là di ogni possibile cura, ma che non sono sottoposti a ossigenoterapia né intubati. Oppure pazienti molto anziani, in fase di ripresa dal coronavirus ma a rischio per la loro età avanzata.

«L’azienda sanitaria del Friuli occidentale ci ha protetto – ha sottolineato Conte – dotandoci di tutti i dispositivi di protezione individuale. Ci ha pure fornito i tablet, attraverso i quali riusciamo ad offrire ai nostri pazienti la possibilità di contattare i loro familiari in videochiamata. Un approccio empatico e umano: è molto importante per i degenti salutare i loro cari, ma anche per le famiglie vederli e vedere chi li sta curando». —


 

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