Coronavirus, medico del carcere di Udine si ammala: positivo (e asintomatico) anche un poliziotto

Le condizioni cliniche del medico incaricato per i detenuti di via Spalato sono migliorate: superata la fase critica, la professionista è stata dimessa e mandata a continuare la degenza a casa. Prossima settimana un secondo giro di tamponi sul resto degli operatori sanitari, gli agenti della Polizia penitenziaria, il personale amministrativo e, naturalmente, i detenuti. Per un totale di circa 250 test

UDINE. Il coronavirus ha messo in quarantena anche il responsabile sanitario della casa circondariale di Udine. Il ricovero in ospedale risale al 26 marzo scorso e, da allora, le condizioni cliniche del medico incaricato per i detenuti di via Spalato sono migliorate: superata la fase critica, la professionista è stata dimessa e mandata a continuare la degenza a casa. I controlli seguiti alla sua malattia e comunque legati anche ai nuovi ingressi, invece, proseguiranno la settimana prossima, con un secondo giro di tamponi sul resto degli operatori sanitari, gli agenti della Polizia penitenziaria, il personale amministrativo e, naturalmente, i detenuti. Per un totale di circa 250 test.

CORONAVIRUS, I DATI

Dopo la prima tornata, soltanto un poliziotto, per quanto asintomatico, era risultato a sua volta positivo a Covid-19 e lasciato quindi in isolamento domiciliare. Seguito dal Dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria universitaria Friuli centrale, anche lui sta per completare il periodo di osservazione e rientrare in servizio.

E se da un lato la notizia ha creato un po’ di maretta tra gli agenti della Penitenziaria, che lamentano di essere stati informati con ritardo della positività del medico incaricato, dall’altro i garanti dei diritti dei detenuti plaudono alla prontezza con cui i rischi di contagio sono stati arginati. «Per ora non si sono registrati problemi e questo è merito anche delle ottimali misure adottate dal distretto sanitario di Udine», afferma l’avvocato Natascia Marzinotto, garante per il carcere di Udine.

«È tutto sotto controllo – continua – e da oltre una settimana sono state distribuite le mascherine anche ai detenuti, che sono complessivamente tranquilli, nonostante la sospensione delle attività ricreative. Misura necessaria e comunque compensata da un ampliamento delle ore d’aria e il posizionamento di tavoli da ping pong». Alcune settimane fa, a preoccupare erano stati i sintomi sospetti manifestati proprio da un paio di detenuti: prontamente isolati e sottoposti a tampone, erano risultati alla fine entrambi negativi.

In carcere, insomma, ci si è mossi per tempo. D’accordo con il direttore della casa circondariale, Tiziana Paolini, era stato il direttore del Distretto sanitario di Udine, Luigi Canciani, a disporre già a partire dal 25 febbraio l’utilizzo da parte del personale sanitario di mascherine chirurgiche e guanti. Una tempestività precauzionale che ha finito per pagare, visto il risultato dei successivi tamponi sui due medici di continuità assistenziale, i cinque infermieri e l’operatore socio sanitario in servizio in via Spalato, cioè a coloro che erano stati a più stretto contatto con il medico incaricato, oltre che sul centinaio di agenti e sui 130 detenuti. Risultati che ora si conta, naturalmente, di replicare.

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«Ragioni per essere preoccupati, al momento, non ce ne sono», conferma anche il procuratore di Udine, Antonio De Nicolo, ricordando come nella casa circondariale, «ora che si è anche un po’ svuotata», ci siano stanze libere per eventuali quarantene. Gli effetti del decreto “Cura Italia” del 17 marzo scorso - nella parte che prevede la detenzione domiciliare ai detenuti che devono scontare una pena o un residuo pena fino a 18 mesi -, tuttavia, si vedono appena in Friuli così come nel resto del Paese. «I detenuti usciti, nella nostra regione, si contano si contano su due mani - afferma il garante dei diritti dei detenuti del Fvg, Paolo Pittaro – . Molte delle istanze presentate al magistrato di sorveglianza risultano sospese, per la necessità di verificare l’effettiva idoneità del domicilio indicato. L’altro grosso problema di questo provvedimento risiede nel fatto di avere condizionato la detenzione domiciliare per i detenuti con pene comprese tra i 6 e i 18 mesi all’utilizzo del braccialetto elettronico. Ma sappiamo bene – continua – che questi dispositivi scarseggiano da sempre. Il risultato è che si esce con il contagocce: dai poco più di 60 mila detenuti di fine febbraio, a fronte di una capienza per circa 48 mila, siamo finora scesi soltanto a 56 mila».

A Udine, fino a sabato scorso, risultavano passati ai domiciliari un solo detenuto con braccialetto e altri nove senza (quelli con pene al di sotto dei 6 mesi). Un’altra decina di cosiddetti “semiliberi” ha ottenuto invece di non fare rientro in carcere la notte.

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