Cospalat, Zampa al contrattacco: scarsa assistenza dall’Ass
UDINE. Cospalat sapeva di adoperare un metodo di analisi del latte approssimativo in regime di autocontrollo (per analisi, quindi, non obbligatorie per legge) e per questo aveva chiesto assistenza all’Azienda sanitaria. Ma dalla “Medio Friuli” la risposta era arrivata soltanto alcuni mesi dopo. Dimostrando, a parere della difesa, una scarsa attenzione rispetto alle preoccupazioni del Consorzio. Ecco, è anche in questa direzione che Renato Zampa, ora, punta l’indice. Finito nei guai proprio a causa di una serie di valori di aflatossina M1 rilevati oltre il livello di soglia, nel corso di controlli eseguiti in autonomia, l’ex leader degli allevatori di Pagnacco passato mercoledì dal carcere ai domiciliari, lascia che a parlare siano le carte. Per tramite, naturalmente, del suo legale, avvocato Cesare Tapparo.
Dimenticati dall’Ass. «Sin dall’interrogatorio di garanzia - ricorda il difensore -, abbiamo prodotto agli inquirenti la lettera con la quale, il 2 novembre 2012, Cospalat chiese all’Ass n.4 “Medio Friuli” come doveva comportarsi, in presenza di ben quattro diversi risultati sulla stessa aliquota di latte. Proprio così: capitava che mentre l’analisi in autocontrollo, effettuata con il metodo “Elysa”, desse esiti eccedentari, quella eseguita poi, sempre per volontà dei produttori, al laboratorio dell’Associazione allevatori o ai laboratori convenzionati con l’Azienda sanitaria, con il metodo più rigoroso previsto a livello europeo, risultasse ben inferiore. Questo succedeva anche perchè “Elysa” è un metodo estremamente fallibile». Era il periodo dell’allerta aflatossina. «Gli allevatori avevano bisogno di indicazioni certe - insiste continua Tapparo - e in grado di fare ordine nel quadro disomogeneo delle normative vigenti. Ebbene, la risposta dell’Azienda sanitaria arrivò soltanto alla fine di gennaio. Questo significa soltanto una cosa: il Consorzio non era assistito. Nonostante le ripetute richieste di interpretazione, cioè, le autorità preposte hanno dimostrato scarsa collaborazione». Si trattò comunque di una risposta confortante. «La “Medio Friuli” comunicò la correttezza dell’operato di Cospalat - afferma il legale -. I metodi di campionamento e le prove in autocontrollo, insomma, andavano bene. Naturalmente, non spetta a noi tirare le somme. Se responsabilità ci sono state, saranno i giudici a dirlo».
Sforamenti minimi. All’inizio di entrambi i verbali d’interrogatorio - quello di 3 ore davanti al gip Francesco Florit e il successivo di 7 ore davanti al pm Marco Panzeri -, Zampa ha voluto che fosse scolpita la seguente premessa: «Non è mai stato venduto, nè trasformato nemmeno mezzo litro di latte che fosse pericoloso per la salute». Eppure, è proprio questa l’accusa con la quale, il 20 giugno, i carabinieri del Nas lo avevano arrestato e condotto in via Spalato. «Se sforamenti ci sono stati - dice l’avvocato Tapparo - si è trattato di oscillazioni minimali rispetto ai parametri di soglia e comunque mai relativi a dati di carico e scarico di massa (quelli obbligatori, ndr), risultati invece sempre conformi». Diversa la tesi del pm Marco Panzeri, che in questi giorni, anche attraverso gli interrogatori, sta continuando a raccogliere elementi probatori a sostegno delle ipotesi accusatorie dell’associazione per delinquere, finalizzata alla frode in commercio, adulterazione di sostanze alimentari e commercio di sostanze nocive.
Ginepraio di norme. «Siamo pronti a tornare davanti al pm - insiste Tapparo -. Nel corso delle indagini difensive, ci rivolgeremo al maggiore esperto in Italia in materia di diritti alimentari, il professor Pacileo, per una consulenza sugli aspetti normativi». Nel mirino, la circolare e le linee guida del Fvg che l’accusa ritiene violate. «Non sono fonti normative primarie - afferma il legale -, com’è invece il regolamento comunitario, e non hanno quindi alcun potere vincolante. A differenza delle circolari delle altri regioni italiane, quella del Fvg non è conforme al regolamento europeo e, quindi, non comporta alcun obbligo. Davvero arduo, per gli allevatori, muoversi in un quadro così disorganico. Zampa ha sempre operato per migliorare la qualità del prodotto e proprio per questo è stato l’unico, in Italia, a dotarsi con protocollo spontaneo di un livello di attenzione. Questo vuol dire che le analisi in autocontroollo avrebbero potuto essere fatte e rifatte anche cento volte». Intuibile il sillogismo. «Se Cospalat non si fosse imposto un simile regime di “autodisciplina” - conclude Tapparo -, non sarebbe mai successo niente, perchè i dati eseguiti dai cosiddetti terzi, cioè caseifici e latterie, sono sempre stati corretti».
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