Costi alti e ancora nessuna assunzione: tutti i dubbi sul Reddito di cittadinanza

Critiche da Corte dei conti e giunta. Rosolen: «Prima di dare gli aiuti servono i patti per l’occupazione che non ci sono»

UDINE. A lanciare l’allarme è la Corte dei conti, per questione di risorse. Ma anche politicamente il Reddito di cittadinanza, misura simbolo del M5s varata dal governo gialloverde, non convince. Non convince di certo la giunta regionale, con l’assessore al Lavoro Alessia Rosolen persuasa che «prima di dare gli aiuti economici è necessario sottoscrivere i patti per l’occupazione, che non ci sono».

Già, perché la misura ruota attorno ai navigator, i tutor che avranno il compito di aiutare i disoccupati-beneficiari del Reddito, a trovare un impiego. «Ma dei navigator non sappiamo ancora nulla e siamo appena alla bozza dell’accordo da sottoscrivere con il Governo», ripete Rosolen.

E in Fvg i candidati a diventare navigator sono 717, a fronte di 46 posti disponibili. Gli assegni, però, nel frattempo vengono staccati. In Fvg le domande sfiorano quota 12 mila 500 (il dato è fermo a fine aprile), richieste in frenata rispetto alla corsa iniziale. Forse anche per le aspettative alte in termini di assegno mensile, che però hanno prodotto più delusione che effettivo aiuto. Perché il 60 per cento dei beneficiari riceve meno di 500 euro.

Le criticità

Il Reddito di cittadinanza è condivisibile nell’obiettivo, quello cioè di arginare la crescita della povertà, ma non avrebbe dovuto essere finanziato in deficit, anche perché c’è il rischio di aumentare il debito pubblico per arricchire persone non bisognose e incentivare il lavoro nero. Questo, in estrema sintesi, il giudizio della Corte dei conti sulla misura che, assieme a quota 100, ha maggiormente caratterizzato il bilancio 2019. Ma i magistrati contabili evidenziano anche qualche errore d’impostazione nella nuova misura rispetto a quella precedentemente vigente, il reddito di inclusione sociale (Rei).

Doppio allarme

In giorni in cui la preoccupazione dell’Unione Europea per la tenuta dei conti italiani sono tornate il tema più caldo al centro del dibattito politico, il rapporto della Corte sulla finanza pubblica amplifica come un’eco le ansie di Buxelles. «Se è apprezzabile che la lotta alla povertà abbia segnato un successo in termini di stanziamenti acquisiti – si legge nel ponderoso testo dei magistrati contabili – dati i vincoli della finanza pubblica italiana, sarebbe stato più sostenibile un approccio improntato, per quel che riguarda l’ammontare del beneficio riconosciuto, a criteri di incrementi graduali. Inoltre, tenuto conto delle caratteristiche del fenomeno povertà, più diffuso in particolari situazioni, sarebbe stato preferibile un disegno dello strumento più attento ai nuclei familiari numerosi, che risultano relativamente penalizzati».

Spesa triplicata

È un timore, quello espresso dalla Corte, che nasce dai numeri. Con l’introduzione del Reddito di cittadinanza, le risorse messe in campo contro la povertà sono più che triplicate. Dai 2 miliardi spesi lo scorso anno tra fondo povertà e Rei, nel 2019 si passerà a 7 miliardi, di cui 5,9 solo per il Reddito di cittadinanza, con la previsione di arrivare a 8,3 miliardi nel 2021.

Famiglie numerose

Se la potenza di fuoco triplica, la preoccupazione riguarda la precisione del tiro. E il Rei, secondo la Corte, era più attento ai nuclei numerosi che, invece, sono penalizzati dal Reddito. Vero infatti che l’ammontare medio delle erogazioni passerà dai 296 euro riconosciuti con il Rei ai 500 del Rdc, con un incremento del 70%. Ma l’incremento scenderà al 60% per le famiglie di quattro persone e al 40% per quelle di cinque o più componenti, mentre sarà sensibilmente più alto per i single (+100%) e per i nuclei di due o tre persone (+80%). Questo perché il Rei aveva un coefficiente familiare più alto (fino a 2,9 volte l’importo base) rispetto a quello del Rdc.

Rischio abusi

Ancora di più preoccupa il rischio di abusi. «Nonostante un sistema di vincoli e sanzioni potenzialmente efficace – scrive la Corte – resta la preoccupazione che in un contesto come quello italiano, in cui è elevata la quota di economia sommersa e sono bassi i livelli salariali effettivi, il Rdc possa scoraggiare l’offerta di lavoro legale». Ma il rischio non è solo quello di incentivare il lavoro nero, garantendo nel contempo risorse a chi evade tasse e contributi. La Corte esprime riserve anche sull’attendibilità dell’Isee come “fotografia” della condizione economica delle famiglie. Anche il Rdc, come altre provvidenze pubbliche, rischia insomma di finire nelle tasche sbagliate: considerando che la misura è finanziata in deficit, il danno è doppio.

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