Costi alti in centro a Pordenone, gli affitti soffocano il commercio

L’appello del comparto: «Con simili prezzi molte attività rischiano la chiusura». E per favorire nuovi insediamenti l’Ascom propone la riduzione delle imposte

I prezzi degli affitti dei locali commerciali in centro vanno calmierati. Se, poi, le istituzioni facessero uno sforzo in più per ridurre le imposte, i negozianti potrebbero tirare il fiato. Da corso Vittorio e corso Garibaldi si leva l’appello, sotto l’egida di Ascom Confcommercio. Questione di sopravvivenza, visto che i margini di guadagno sono sempre più risicati, mentre le spese fisse pesano come macigni nelle tasche di commercianti ed esercenti. Passi avanti ne sono stati fatti. Ma non da tutti i proprietari di immobili.

«C’è gente che comprende la situazione di mercato – osserva il presidente di Ascom Confcommercio Alberto Marchiori – e che, piuttosto che perdere l’inquilino gli riduce il prezzo dell’affitto. Le serrande abbassate da tempo nelle posizioni migliori, che nella zona dei corsi e di piazza XX Settembre si contano sulle dita di due mani, coincidono invece con richieste di canoni esorbitanti. È un fenomeno a macchia di leopardo. Per pagare simili cifre un commerciante dovrebbe stare nel negozio di giorno – Marchiori si concede l’amara ironia – compiere rapine di notte».

Il fatto che molti locatori si siano messi una mano sulla coscienza, aggiunge il numero uno dell’Ascom, ha fatto registrare una flessione dei negozi sfitti in città. «La forbice corretta – puntualizza – del prezzo per un locale commerciale nei due corsi è di 15-20 euro al metro quadro al mese. Oltre questi parametri l’immobile è fuori mercato. Il rapporto fra metratura e affitto è inversamente proporzionale. Più è grande il negozio, meno è salato il canone. E viceversa».

«I canoni – dice la sua Sante Falcomer, che gestisce sei negozi in città – dovrebbero essere tagliati del 30-40 per cento, visto che a tanto corrisponde il calo del giro d’affari. È uno sbaglio enorme praticare i prezzi di qualche anno fa per le locazioni commerciali: non si tornerà mai a quei tempi. E con un affitto troppo alto, le attività rischiano la chiusura e il centro storico lo spopolamento». È dello stesso avviso Claudio Stradella del negozio Karisma in corso Garibaldi: «I prezzi degli affitti vanno rivisti perché sono basati sugli incassi e il mercato di un tempo. Fra i centri commerciali spuntati come funghi e la crisi, ora il giro d’affari si è ridotto per tutti. Come invertire la rotta? Attirando la gente in città con gli eventi». Stefano Erodi, co-titolare di Ulysses guarda con favore all’abbattimento di affitti e imposte, come la Tosap che si paga per le tende parasole.

«Per favorire nuove aperture – Marchiori mette sul piatto la soluzione – abbiamo chiesto al Comune di affiancare al Pisus la riduzione di Imu, Tasi e Tari per le tipologie merceologiche a basso reddito, strategiche per il centro storico, in attesa che arrivi dal governo la famosa cedolare secca al 10 per cento. Intanto i Comuni potrebbero anticipare in qualche modo la misura, venendo incontro alle esigenze del comparto e anche dei proprietari di immobili. La tassazione a carico delle imprese non è più sostenibile e ostacola le nuove assunzioni. Senza l’abbattimento della fiscalità e lo snellimento della burocrazia il Jobs act non serve a niente».

Sulla stessa lunghezza d’onda Giacomo Peruz: «Per venire incontro alle esigenze di commercianti e proprietari la proposta potrebbe essere la riduzione delle aliquote Imu del proprietario a fronte di un decremento del canone di locazione». Da dietro il bancone del “Dolce vita” Luca Bortolus chiede al Comune «più eventi per animare i corsi e richiamare gente», lanciando l’idea di ampliare nei corsi la prossima edizione del Mercato europeo.

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