«Costretto a dormire in auto dopo aver avuto due infarti»

La storia di un udinese di 69 anni titolare di pensione minima senza una casa L’appello: «Ho sempre pagato le tasse, ora ho bisogno che qualcuno mi aiuti»

Per una vita ha fatto il commerciante di mobili, ha pagato le tasse, messo su famiglia, cercando di pensare al futuro. Poi sono arrivati i problemi. È così che l’udinese Giancarlo Albini, settant’anni ancora da compiere, è rimasto senza una casa e ha finito per dormire in macchina. Non avrebbe dovuto. Non con i problemi cardiaci che gli erano stati diagnosticati dal medico, ma non sapeva dove altro andare. Finchè una notte è stato colpito da un infarto. Si è accorto che qualcosa non andava e ha guidato la sua auto fino all’ospedale dove sono riusciti a salvarlo. E una volta dimesso, è tornato in quella Y10 che ormai era diventata la sua casa. Fino a quando qualcuno non si è accorto di lui e gli ha trovato un affittacamere, sistemandolo provvisoriamente a Molin Nuovo.

Ma la sua vita è in bilico, Giancarlo lo ammette piangendo al telefono come un bambino. «Ho bisogno di aiuto e non so più a chi rivolgermi» è il suo appello disperato. Non avrebbe mai voluto ritrovarsi a dover chiedere, a elemosinare una mano, come tanti friulani ha passato la vita a lavorare, confidando in una vecchiaia serena. E invece oggi si ritrova con 430 euro di pensione, 380 dei quali da consegnare all’affittacamere e 50 per vivere, da farsi bastare per un mese.

Non è facile da mandare giù. «Agli extracomunitari offrono un tetto e un pasto - commenta Albini – ma sembra che quelli come me non ne abbiano diritto. Mi chiedo perché».

Fino ad ora a mobilitarsi per lui è stato il buon cuore di una udinese. Anna Chiarandini lo ha incontrato per caso e lo ha ospitato in casa per una settimana. «È stata un angelo, non so come ringraziarla» ammette Albini. Quei giorni lo hanno aiutato a rimettersi in forze, ma poi sono finiti. «Mi sistemavo in auto nelle strade di campagna o vicino al cimitero di Cussignacco e dormivo lì» ammette Albini. La vita non è stata facile per lui, certo non dopo la morte della moglie Margherita, stroncata da un tumore un anno fa. «Lei era la mia forza – ammette – mi dava la carica».

Un vecchio adagio friulano recita «La femine a ten su tre cjantons da cjase o a ju sdrume ducj cuatri». Così è stato per Giancarlo Albini che, rimasto solo, ha perso tutto, compresa la casa. Per lui la speranza ora è quella di partecipare al bando Ater per le case popolari e ottenere l’assegnazione di un alloggio. Nel frattempo, si è rivolto al Comune, per chiedere un sostegno, un aiuto economico che gli permetta di vivere. Al suo fianco c’è ancora Anna Chiarandini, una donna di gran cuore e di buona volontà che sta assistendo altre persone in estrema condizione di difficoltà. Si tratta di friulani che hanno perso il lavoro, la casa e che vivono di stenti. Gente per la quale ancora nessuno ha messo a punto un programma di assistenza.

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