Credono che la moglie abbia nascosto in casa il cadavere del marito, ma l'uomo è morto in Colombia

PORDENONE. Era luglio 2016 quando la polizia locale si recò in un’abitazione del centro città per un accertamento relativo a un ricongiungimento familiare. Il padrone di casa non c’era.
«È in Colombia con mio figlio, torna a fine mese», disse la moglie. La giustificazione non sembrava convincente tanto che vennero controllati patente di guida (scaduta), visite mediche (niente prescrizioni dopo quella data), passaporto (scaduto).
Si misero di mezzo, poi, i vicini di casa: «Non lo vediamo da tempo». Eppure la pensione risultava incassata puntualmente.
Che non sia... Che non sia che l’altro pomeriggio gli inquirenti si sono presentati nell’appartamento al quarto piano di un condominio non lontano da via Montereale dove vive la moglie. Cercavano il... cadavere. Una perquisizione disposta dalla Procura. «In otto hanno cercato la salma di mio marito», dice la donna incredula.
Una salma, in effetti in questa storia c’è, ma non a Pordenone. Si trova in Colombia ed è quella dell’uomo, deceduto il 20 agosto in ospedale, un giorno prima della firma del decreto di perquisizione.
Allora fissiamo alcuni punti fermi. L’uomo – italiano, originario di Ischia, ma da mezzo secolo a Pordenone prima come militare poi come pensionato – avrebbe 97 anni. Nel 2007 si era sposato con una cittadina italiana, di origini colombiane, di 46 anni.
In tanti ricordano le loro passeggiate e il caffé non lontano dalle Poste. Non si sono mai separati, ma tre anni fa l’ex militare aveva preferito trasferirsi in America Latina, nell’abitazione della consorte, assieme al di lei figlio.
Probabilmente qui qualcuno pensava che, vista l’età, l’ex militare fosse morto e la consorte continuasse ad incassare indebitamente la pensione, peraltro abbastanza corposa, 2 mila 400 euro.
La voce giunge agli inquirenti e scatta l’accertamento. L’altro pomeriggio le forze dell’ordine hanno suonato a casa della donna, notificandole un decreto di perquisizione contestuale all’avviso di garanzia.
Ipotesi di reato: soppressione ovvero occultamento di cadavere finalizzata all’indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato e indebita percezione di erogazioni pubbliche continuata. Il primo reato si sarebbe consumato a luglio 2016, il secondo da allora ad oggi.
Recita il decreto di perquisizione: «Considerata l’età avanzata dell’uomo si ritiene possibile che sia deceduto e che la moglie non ne abbia segnalato il decesso, occultandone il cadavere per continuare a fruire della pensione a lui spettante».
Ancora, «vi è fondato motivo di ritenere che presso l’abitazione e sue pertinenze possano rinvenirsi cose o tracce pertinenti ai reati per cui si procede».
A sostegno del sospetto che l’anziano fosse morto e che il cadavere fosse stato occultato vi erano: l’assenza dell’uomo nell’abitazione al momento dell’accertamento dei vigili; passaporto scaduto nel 2016, patente scaduta nel 2010, documenti mai rinnovati.
E la testimonianza: «Non è più stato visto presso l’abitazione comune dai vicini di casa da circa tre anni». Ancora, «la sottoscrizione apposta in calce alla richiesta di ricongiungimento risulta diversa dalle sottoscrizioni apposte dall’uomo nei propri documenti»; l’anziano «non è seguito da alcun medico di base, l’ultimo ricovero risale al 2016 e nell’agosto dello stesso anno ha usufruito dell’ultima prescrizione medica».
Perquisizione avvenuta, dalle 13 alle 16.30, ma del cadavere nemmeno l’ombra. «Mio marito è sì morto, ma il 20 agosto scorso in un ospedale di Tuluà, in Colombia, assistito da mio figlio di 23 anni», dice la vedova. Corrobora la sua tesi il certificato di morte, portato agli inquirenti dal nipote italiano. —
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