Crisi nell’alimentare Bortolussi catering chiede il concordato

Il presidente dell’interporto: «Stiamo cercando partner» Due mesi di tempo per trovare la strada della rinascita
Di Martina Milia

La crisi non risparmia nemmeno il settore alimentare. E così un’azienda storica e conosciuta come la Bortolussi forniture catering spa, che nel 2007 ha assorbito la Bortolussi Davino Srl (carni e alimentari), tenta la strada del concordato. Trasformata da società a responsabilità limitata con unico socio in società per azioni nel 2010, l’impresa familiare non ha attraversato indenne gli ultimi anni.

Venerdì scorso l’impresa, di cui è vicepresidente Giuseppe Bortolussi, molto conosciuto anche per essere presidente di Interporto, vicepresidente di Ascom- Confcommercio e consigliere della Camera di Commercio, ha depositato il ricorso per concordato preventivo con continuità aziendale (con riserva di presentazione del piano e della proposta) secondo le nuove regole del decreto sviluppo.

La procedura prevede per le aziende in situazione pre-fallimentare, la possibilità di avere 60 giorni di tempo per presentare la proposta (di fatto il deposito del ricorso in sè è una “scatola vuota”), che possono essere rinnovati di altri 60 (se motivati). Il vantaggio per un’impresa è che l’avvio della procedura sospende le esecuzioni e i debiti in prededuzione. In pratica “congela” le condizioni che possono portare un’impresa verso il fallimento. La Bortolussi, che ha sede a Zoppola, ha per oggetto sociale: il commercio all’ingrosso e al dettaglio di tutti i prodotti appartenenti al settore merceologico alimentare, da utilizzare nel campo della ristorazione e per il catering; la macellazione, lavorazione, trasformazione e il commercio all’ingrosso e al minuto delle carni.

Con un fatturato annuo che tocca i dieci milioni di euro, l’azienda, da quanto si apprende, avrebbe maturato perdite per una cifra vicina ai dieci milioni di euro. Negli ultimi anni la media del personale impiegato era di 22 persone. Nel primo trimestre di quest’anno (dati camerali) risultavano all’attivo 28 dipendenti.

«Purtroppo la crisi ha colpito anche noi – commenta brevemente Giuseppe Bortolussi raggiunto telefonicamente –, ma siamo ottimisti rispetto al concordato. Stiamo utilizzando la misura prevista dal decreto sviluppo, che prevede la continuità aziendale, e siamo al lavoro per individuare dei partner per superare questa fase». Non dice di più l’imprenditore che, da rappresentante di categoria, conosce bene la situazione di tante realtà della provincia di Pordenone. La scadenza per presentare il piano per ora è fissata, come da termini di procedura, il 14 novembre.

Il ricorso ai concordati e quindi la ricerca di nuovi partner industriali, è una strada obbligata per evitare di arrivare al fallimento, soprattutto in un momento in cui la domanda non riparte. Lo spettro della chiusura, in un contesto in cui i mercati stentano a riprendere, è vivo anche in provincia di Pordenone. E’ sufficiente pensare che a oggi le aziende di cui è stato dichiarato il fallimento, dall’inizio dell’anno, sono 73 e, se il trend proseguirà, il 2012 potrebbe portare nuovamente a raggiungere le 100 unità. A soccombere sono soprattutto i piccoli, quelli che non hanno nè i numeri nè le prospettive per poter guardare al concordato come una via di uscita e verso i quali le banche, per prime, chiudono i rubinetti.

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