Cristiani, ortodossi e pure i templari: e la chiesa cambia scenografia come in teatro

PORDENONE. La stessa chiesa, la Santissima Trinità di via San Giuliano, utilizzata da cristiani cattolici tradizionalisti e da cristiani ortodossi romeni. Un edificio “contenitore” di celebrazioni diverse, che viene sistemato di volta in volta a ogni cambio di rito, utilizzando anche arredi sacri montati su rotelle per favorirne gli spostamenti. Un luogo di culto, uno dei più belli e suggestivi della città, che pare quasi trasformarsi in un set cinematografico. A questo, poi, si aggiunge da qualche settimana la presenza dei Templari cattolici d’Italia, un’associazione che protegge i luoghi sacri e che apre la chiesa al pubblico una volta a settimana (il martedì).
Tradizionalisti del rito preconciliare. Le celebrazioni in latino, alla Santissima, risalgono al 1991. «Una presenza storica – sottolinea Natale Vadori, presidente di Una voce, associazione laica di liturgia («non è una setta religiosa») –, prima con una messa ogni due settimane, poi con la liberalizzazione decisa da Benedetto XVI si è arrivati a una celebrazione ogni domenica alle 18 e a ogni festa di precetto (come il mercoledì delle ceneri), ma anche per funerali, con una chiesa sempre affollata». Il punto è che la Santissima è in una posizione strategica, «comoda per chi arriva dall’autostrada o con il treno». Inoltre, la chiesa del 1500, è l’unica della diocesi in cui si pratica il rito in latino, «diventando il punto di riferimento anche per le altre diocesi e le altre province. Per esempio domenica scorsa – continua Vadori – a messa c’era gente di Motta di Livenza e di Concordia Sagittaria».
Cambiare sede per Vadori è impossibile, nonostante la modifica degli arredi sacri e la sistemazione dell’altare, a ogni cambio di rito, rappresenti un problema oggettivo. «Il rito tradizionale – spiega il presidente di Una voce – ha bisogno di una chiesa di un certo tipo, quelle moderne sono differenti. Inoltre, possiamo essere di aiuto anche ad altre parrocchie, nel caso in cui si voglia utilizzare il rito antico per celebrazioni quali per esempio i funerali». «Siamo andati avanti da 25 anni e possiamo andarne avanti altrettanti, ma ora sarebbe il caso di definire la situazione per far sì che sia meno gravoso celebrare messa, evitando di spostare ogni volta gli arredi». Il rito in latino «è molto rigido, non c’è nessuno spazio all’improvvisazione – sottolinea Vadori –. L’altare è lo stesso, ma il sacerdote con gli apolidi è voltati verso l’altare e a nome della comunità si rivolge verso Dio».
Cristiani ortodossi. Padre Octavian Schintee, parroco della comunità ortodossa rumena di Pordenone, spiega che è dal 1998 che utilizzano la chiesa della Santissima Trinità, per le loro celebrazioni la domenica mattina. «All’epoca ci fu un’intesa tra il patriarca di Bucarest e il vescovo di allora della diocesi di Concordia-Sagittaria. In seguito non è mancata la benedizione dei vescovi Ovidio Poletto e l’attuale Giuseppe Pellegrini». La coabitazione con i tradizionalisti «non è un problema. Volevamo costruire una chiesa solo per noi, ma con la crisi e la mancanza di fondi ciò non è più possibile».
Per questo, ogni volta, «dobbiamo posizionare l’iconostasi, tipica della chiesa ortodossa, tra altare e navata». Si tratta di quattro grandi pannelli con rotelle, alti circa due metri, con le icone di Gesu Cristo, della Madonna col Bambino, del santo patrono San Giovanni Battista e del santo greco Nectarios (santo di tutto il mondo ortodosso, considerato un grande guaritore).
«I nostri fedeli – dice padre Schintee – sono contenti, abbiamo raggiunto un punto importante di stabilità sociale. La chiesa della Santissima è comoda perchè vicino ci sono grandi parcheggi, c’è la stazione e le badanti possono arrivare in bicicletta». L’affluenza è leggermente diminuita con l’aggravarsi della crisi economica «perchè si sono verificati tanti rientri in Romania, per questo ci siamo un po’ fermati con il progetto della costruzione di un nostro luogo di culto». Nel frattempo, un anno fa, a Prata è stata aperta «una parrocchia romena».
L’opionione del vescovo. «Sono anni che la convivenza va avanti» spiega monsignor Giuseppe Pellegrini, aggiungendo di aver cercato una soluzione per i tradizionalisti che hanno però preferito continuare a celebrare alla Santissima.
I Templari. Da circa un mese, un giorno alla settimana, la chiesa di via San Giuliano viene aperta al pubblico dall’Associazione templari cattolici d’Italia. Il martedì, ai lati del portone di ingresso si posizionano due persone con addosso un mantello. Un servizio caratteristico di questa associazione, che conta 1.000 iscritti in tutta Italia e permette di rendere di nuovo fruibili a fedeli e no luoghi di importante valore artistico e spirituale, che negli anni sono stati chiusi o trascurati. L’ordine fondato nel XII secolo, infatti, proteggeva i luoghi di culto e i pellegrini che si recavano a visitare Gerusalemme dalle scorribande dei saraceni .
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