Cuore artigiano per non far morire l’antica Voltois
AMPEZZO. Il paesino di Voltois - una delle due frazioni di Ampezzo, l’altra è Oltris - è un esempio di architettura rurale carnica preservata nel tempo che suscita interesse e richiama visitatori e studiosi. Di recente, si è mossa una troupe della tv austriaca che, in un documentario andato in onda sulla rete nazionale, ha illustrato le peculiarità dei borghi, l’originalità delle case con i portici ad arco, dei ballatoi in legno con le scale esterne che portano ai piani superiori, dei muri in tufo.
Spangaro 38 volte. A fare da cicerone alla cronista d’Oltralpe è stato, fra gli altri, Eugenio Spangaro, uno degli attuali 38 residenti, tutti con lo stesso cognome, in quanto la località è stata per secoli un’enclave che ha fatto del suo isolamento un valore costitutivo della propria identità, preservando il ceppo originario da possibili contaminazioni.
Dall’alto dei suoi 70 anni, Eugenio è considerato figura rappresentativa della piccola comunità, testimone delle vicende presenti e passate di cui, ricorrendo alle innate doti di manualità e creatività, si è fatto interprete.
A modo suo: da abile modellista-ebanista-intarsiatore, con sgorbia, lima, pialla e sega ha ricostruito in miniatura, utilizzando legno pregiato dei boschi circostanti, alcune tra le case più antiche di Voltois, delle quali si sarebbe altrimenti perso il ricordo, essendo state nel corso dei decenni demolite, ristrutturate o ridotte a scarni ruderi e rese irriconoscibili dallo scorrere del tempo e dallo stato di abbandono, a causa dell’assenza o della lontananza dei proprietari o dei loro eredi.
Tradizione in miniatura. In una bella rassegna fotografica Stefano Spangaro, giovane innamorato del paese d’origine, curatore del sito web della pittoresca località carnica, cui si deve la sopravvivenza di tante iniziative volte alla salvaguardia di usi, costumi e tradizioni locali, immortala alcune delle abitazioni rurali ricostruite in miniatura da Eugenio sulla base di ricordi e di fotografie riportate alla luce rispolverandole da qualche vecchia cassapanca.
La casa di Pascon. La prima della serie apparteneva a Simone Spangaro detto Pascon: costruita tra fine Ottocento e inizi Novecento, era ubicata in località Liron, lungo l’ultimo tratto di strada che collega Voltois alla zona di Pani, pianoro con poche case da cui si gode uno dei più ameni panorami del Friuli, finito agli onori della cronaca negli anni Cinquanta per un efferato delitto.
Il titolare, contadino abile anche nel costruire ceste, gerle e piccoli attrezzi in legno per uso domestico, utilizzava il caseggiato come dimora familiare durante la stagione estiva degli sfalci, quando il bestiame veniva portato all’alpeggio. Deceduto Simone negli anni Ottanta, l’immobile, dopo alcuni passaggi di proprietà, è stato acquistato anni fa dal notaio Lepre di Tolmezzo (figlio dell’ex senatore socialista), che lo sta riattando per farne uno chalet.
La poetessa Rina. Interessante la storia di un secondo fabbricato che ammiriamo in miniatura nella sua forma originaria: esiste tuttora, anche se fatiscente, in località Marculins, appena fuori paese, sulla strada che porta a Monfreda, dove un tempo estesi prati venivano falciati.
È intestato a una pluralità di persone, gran parte delle quali decedute, fra cui Rina Spangaro, ricordata come la poetessa che in numerose liriche interpretò lo spirito dei tempi e dei luoghi dove a lungo visse, tramandando testimonianze toccanti. Molti ricordano ancora la commovente orazione da lei tenuta alla fine degli anni Novanta, in ricordo degli avi, davanti al cippo con il crocifisso in legno ricostruito dal Gruppo alpini di Ampezzo poco oltre il ponte del Lumiei.
La struttura di Marcolins ora è adibita a deposito di foraggio e offre ricovero al gregge di proprietà della Cooperativa agricola che, nella piazzetta centrale, tiene aperti i locali che costituiscono l’unico ritrovo per i pochi residenti: vi si recano ogni mattina per ritirare il sacchetto del pane fatto recapitare dal fornaio del capoluogo.
Sulla via di Pani. Un’altra delle opere uscite dalle abili mani di Eugenio riporta alla memoria lo stabile isolato di Gustiela, a metà percorso sulla strada verso la forca di Pani, costruito da Ernesto Spangaro (vissuto a cavallo tra Otto-Novecento), contadino e muratore, poi ereditato dal figlio Pietro, oggi ottantacinquenne, in giovane età apprendista sarto a Trieste, quindi emigrato e in seguito titolare di rinomati atelier a Lione e Strasburgo.
Il suo espatrio rocambolesco in Francia viene da lui stesso rievocato con emozione: «Arrivato a Bardonecchia in treno, solo e sprovveduto, fui bloccato alla frontiera perché il passaporto, per una dimenticanza, era privo del visto del consolato di Venezia. Che fare? Tornare indietro? Neanche per idea! La notte del 18 novembre 1946 - avevo appena compiuto 18 anni - tra mille difficoltà scalai la montagna che fa da confine naturale, sprofondando nella neve e, in piena notte, discesi verso Modane. Di prima mattina, uscito dalla stazione da un passaggio secondario non controllato, ripresi il treno per Lione e, sistematomi da un conoscente, mi presentai al lavoro spiegando la faccenda del visto. Capìta la situazione, il titolare della sartoria non ebbe il coraggio di rispedirmi a Voltois e così potei iniziare la carriera di sarto».
Pietro Spangaro risiede da anni a Strasburgo, ma due-tre volte l’anno torna al paese (guida ancora la macchina, però vuole accanto a sé la moglie), sdoppiandosi tra la dimora alsaziana, dove vive una delle due figlie, e quella carnica. Lo stavolo di Gustiela viene curato dal genero Edy e dall’altra figlia Arlette, genitori del giovane Devis, studente a Tolmezzo e apprezzato trombettista della banda di Ampezzo.
Il monumento di Tonine. Tra le pregevoli miniature di Eugenio merita di essere segnalata anche la ricostruzione mignon della casa di Antonia Spangaro, detta Tonine da la Bacca. Era il primo fabbricato di Voltois, sia per collocazione sia per dimensioni, una sorta di edificio monumentale di notevole pregio architettonico.
Ospitava i due coniugi, otto figli e i suoceri, ma era notoriamente luogo di ritrovo serale per numerosi paesani, soprattutto durante i mesi invernali: attorno al suo ampio focolare gli uomini sgranavano le pannocchie e le donne sferruzzavano o rammendavano i capi di vestiario da lavoro, spettegolando bonariamente.
Quei 400 abitanti. A tale proposito, giova ricordare che Voltois fino agli anni Cinquanta era vivo e attivo con i suoi 350-400 abitanti, che si dedicavano all’agricoltura, alla zootecnia e al piccolo artigianato. Oggi si contano 38 residenti, gran parte anziani, anche se da qualche tempo si sono insediate due giovani coppie, che hanno fatto una scelta di vita, appagate dalla tranquillità e dall’amenità del luogo.
D’estate la frazione si anima grazie alla presenza degli emigrati che riaprono le case avite per brevi soggiorni e ad alcune iniziative ispirate alle antiche tradizioni, che richiamano tanti ex residenti. La casa monumentale non esiste più: nel 1985 fu abbattuta dopo un misterioso incendio.
Le due chiesette. Eugenio Spangaro ha voluto immortalare anche due antiche chiesette. La prima è quella di Pani, a oltre mille metri di quota, in Comune di Raveo ma più vicina a Voltois che al suo capoluogo. Ristrutturata dall’Ana di Villa Santina una decina d’anni fa, è sotto la custodia di una famiglia della zona e che la apre nei mesi estivi, in particolare per celebrare la festa del patrono.
Pani è nota per la felicissima ubicazione, ma soprattutto per il doppio delitto degli anni Cinquanta, di cui si occuparono le cronache non solo locali: un vaccaro del posto, dedito all’alcol, vittima della solitudine, uccise per motivi passionali due vicini di casa, padre (il famoso Ors di Pani) e figlia, scontò una lunga pena e, tornato libero, chiuse i suoi giorni nei luoghi da cui col pensiero non si era mai staccato.
La seconda chiesa realizzata da Eugenio Spangaro in legno è quella del cuore: San Rocco di Voltois. Fu il luogo di culto dei paesani, sosta di preghiera e di conforto dopo giornate di fatica, spesso di sofferenze, ma anche oasi di raccoglimento e di ringraziamento per i pochi ma significativi beni materiali ricevuti e di auspici di grazia, fra cui quella di poter riabbracciare il marito o i figli emigrati alla ricerca di lavoro.
La chiesa fu costruita agli inizi del Novecento per iniziativa dei residenti, che volontariamente e gratuitamente si adoperarono per mesi, affiancati dalle donne che facevano la spola su e giù nel greto del Lumiei con gerle e carriole per raccogliere e trasportare sabbia, ghiaia e pietre.
L’armatura in legno per elevare il campanile, con i mezzi del tempo, certamente senza calcoli ingegneristici, è uno dei simboli citati ancor oggi con orgoglio a conferma della laboriosità, della perspicacia e della grande manualità degli Spangaro di Voltois. Non a caso, il settantenne Eugenio, nella vita magazziniere, muratore, falegname, carpentiere, scopertosi in tarda età provetto intarsiatore, cesellatore, ebanista e fine modellista di case in legno, ne è l’esempio vivente.
E come lui altri paesani, fra cui Andrea Spangaro, raffinato costruttore di cassepanche, e Lino Spangaro detto Bulo, che tutti gli anni, la mattina del primo gennaio, percorre le stradine con la gerla per raccogliere piccoli doni da consegnare alle suore. Crollata a causa del terremoto del 1976, la chiesa è stata ricostruita e inaugurata il 16 agosto 1986 per il patrono San Rocco.
Gioielli nel laboratorio. Nel vecchio laboratorio Eugenio conserva molti altri suoi lavori, come i modelli di alcuni fabbricati di Sauris, delle malghe sopra Ampezzo e della chiesa di Colza. Nel 2011 l’intera collezione è stata esposta al museo Unfer di Ampezzo, ricevendo l’apprezzamento di numerosissimi visitatori.
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