Da Pordenone a Udine il virus entra attraverso gli operatori: la mappa del contagio nelle case di riposo

UDINE. Anche se le dimensioni del contagio non hanno raggiunto i livelli della prima fase della pandemia, nelle case di riposo della regione si ragiona su come impedire all’infezione da Sars-Cov2 di espandersi a macchia d’olio. L’obiettivo è evitare il propagarsi del coronavirus e soprattutto i decessi che purtroppo si continuano a registrare.
La task-force regionale Covid ha deciso di potenziare la sorveglianza sanitaria tra gli operatori che restano i potenziali vettori del virus. Operatori socio sanitari (Oss), infermieri e medici saranno sottoposti a tampone più spesso proprio per individuare prima possibile gli infettati e ridurre così la possibile trasmissione del virus agli anziani. Solo sabato 31 ottobre, infatti – lo si apprende dal report giornaliero della Regione – nelle Rsa del Friuli Venezia Giulia sono stati riscontrati 30 nuovi ospiti e 19 operatori positivi al Sars-Cov2.
In questo momento tra le realtà più colpite è la casa di riposo “Scrosoppi” di Tolmezzo con 33 ospiti e sette operatori positivi al coronavirus. A seguire si collocano le strutture di Ampezzo e dell’Opera Pia Cojaniz di Tarcento, entrambe, con 3 ospiti contagiati.
Nella mappa non mancano le case di riposo di Gemona, Magnano, Tricesimo, Cividale, Pradamano, Udine, Aiello del Friuli e Latisana. In tutti questi ultimi casi, però, l’infezione è stata riscontrata solo tra gli operatori. Ovviamente, trattandosi di una situazione che può cambiare di giorno in giorno, il dato di ieri oggi potrebbe già essere mutato.
Più o meno analoga la situazione nelle strutture dell’Azienda Friuli occidentale con Casa Serena di Pordenone tra le più colpite assieme alle strutture di San Quirino e Cavasso Nuovo. Operatori positivi sono stati isolati pure nelle residenze per anziani di Castions di Zoppola, Spilimbergo, Morsano al Tagliamento e Cordenons. La situazione più critica resta a Trieste, mentre in provincia di Gorizia si mantiene più contenuta.
«Con i numeri che abbiamo, la sorveglianza sanitaria va potenziata». Il vicegovernatore con delega alla Salute, Riccardo Riccardi, conferma la riduzione dei tempi previsti dai Protocolli di sicurezza tra un tampone e l’altro. In certi casi il personale viene sottoposto al test a un mese di distanza dal precedente, in altri due settimane: il tempo varia a seconda dei reparti dove opera.
Di fronte all’aumento dei contagi e delle persone in isolamento, la Regione sta potenziando i controlli anche all’interno delle case di riposo. «È un fenomeno – insiste l’assessore –, che va analizzato con estrema attenzione».
La scorsa primavera molti operatori impegnati nelle case di riposo avevano rinunciato a rientrare dalle loro famiglie proprio per evitare di trasmettere il virus. Ora non siamo a questi livelli, ma agli stessi operatori viene costantemente raccomandato di indossare sempre la mascherina, di rispettare il distanziamento sociale e di lavare le mani anche quando si trovano all’esterno dei luoghi di lavoro.
L’attenzione è massima. In assenza di un lockdown generalizzato anche loro entrano in contatto con potenziali positivi. Lo stesso vale per i momenti di sosta nei reparti dove, complice la stanchezza, è facile lasciarsi andare ad atteggiamenti non più ammessi dalla pandemia.
L’emergenza è tale che gli operatori sanitari anche se hanno avuto contatti a rischio non fanno la quaranta. Vengono dotati di ulteriori dispositivi di sicurezza e continuano a lavorare.
Nonostante l’attenzione sia massima qualche caso sfugge al controllo soprattutto se i singoli non informano i direttori sanitari di eventuali spostamenti a rischio. Nella casa di riposo “La Quiete” di Udine, è accaduto che una operatrice si sia recata in autobus in Ucraina senza farne parola né alla partenza né al ritorno. Peccato che qualche giorno dopo sia risultata positiva.
«Anche se non ha contagiato alcun ospite, abbiamo segnalato il caso dal Dipartimento di prevenzione – spiega il direttore sanitario, Salvatore Guarneri –. L’abbiamo fatto per dare un segnale anche agli altri lavoratori sottoposti, costantemente, all’attività di formazione». Alla Quiete il virus non ha ancora colpito gli anziani.
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