Da Roma in 300 a controllare i confini Italia- Slovenia. Il ministro Piantedosi: «Vertice a Trieste con Lubiana e Zagabria»

Sono agenti e militari di rinforzo in Fvg chiesti a Roma.

Si valuta l’utilizzo di telecamere e droni a supporto anche nei valichi minori

Elisa Coloni

TRIESTE Il piano è quello di far arrivare in Friuli Venezia Giulia circa 300 tra agenti e militari per presidiare, a partire da sabato, i confini con la Slovenia nelle ex province di Trieste, Gorizia e Udine.

Di questi, circa la metà, 150, sono attesi nel capoluogo regionale, l’altra metà tra Isontino e Friuli, in parti più o meno uguali, una settantina di unità per provincia. Per ora si tratta di numeri indicativi, anche se realistici: sono le forze stimate dai territori e chieste a Roma per poter mettere in piedi la macchina della sicurezza prevista dal Governo, con la sospensione del Trattato di Schengen sulla libera circolazione e i controlli ripristinati ai valichi.

Controlli che per un periodo di tempo (per ora dieci giorni, ma è possibile la proroga) non saranno come quelli di retrovalico, ma veri e propri controlli in ingresso e uscita dalle frontiere, come li abbiamo conosciuti prima dell’Europa senza confini: per andare in Slovenia e rientrare in Italia sarà necessario esibire - quando richiesto - un documento di identità valido.

I dettagli della macchina organizzativa non sono stati ancora formalizzati. A Trieste la Prefettura rimanda a venerdì sera, rendendo noto che alle 19, nel palazzo del Governo in piazza Unità, è previsto un vertice di coordinamento tecnico presieduto dal prefetto di Trieste e commissario di Governo per il Friuli Venezia Giulia Pietro Signoriello, proprio per definire il quadro.

Benché i numeri non siano stati ancora ufficializzati, in queste ore stanno emergendo alcune informazioni. In Friuli Venezia Giulia si ipotizza di mettere a presidio delle frontiere circa 300 tra agenti di Polizia e carabinieri, probabilmente anche militari dell’Esercito, ma solo in una seconda fase, in novembre.

Un’ipotesi che, letta assieme alle dichiarazioni di mercoledì del ministro dell’Interno Matteo Piantesodi («ci siamo sentiti con i colleghi di Slovenia e Croazia per vederci a breve, probabilmente il 2 novembre a Trieste, e concordare assieme delle modalità di attuazione che possano rendere ponderata la misura»), fanno ipotizzare (pur senza conferme) che già adesso ci si prepari a una proroga delle misure, con l’idea di andare oltre ai 10 giorni annunciati mercoledì.

Venerdì si dovrebbe quindi capire se i 300 agenti e militari attesi verranno effettivamente confermati e mandati in Fvg, forse non tutti, forse non tutti subito. Tra le ipotesi al vaglio c’è anche il possibile utilizzo di strumenti tecnologici in supporto come droni e telecamere, ai valichi e nelle aree limitrofe. Valichi che, nelle intenzioni, andranno tutti presidiati, compresi quelli minori, interessati da flussi di traffico meno intesi di quelli principali, ma non per questo, spiegano i beninformati, meno esposti al rischio di infiltrazioni terroristiche dai Balcani, in un clima di massima allerta in Europa dopo lo scoppio della guerra in Medio Oriente e l’attentato di Bruxelles. A Trieste i valichi sono 26, a Gorizia 23, in Friuli 10, compresi quelli ferroviari e agricoli.

Nel territorio provinciale di Gorizia (toccato molto dalla vicenda anche dal punto di vista simbolico, visto l’avvicinarsi di Go2025!, come spiegato nell’approfondimento a destra) il valico principale è quello internazionale di Sant’Andrea, presente sulla direttrice autostradale tra Villesse e Razdrto, ma tra città e provincia sono diversi i valichi di frontiera presenti nel tratto di confine che corre tra Mernicco a nord e Jamiano a sud. Ai quindici valichi isontini di prima o seconda categoria divisi tra Collio, capoluogo e Carso, se ne aggiungono sette agricoli e uno ferroviario (non saranno interessati ai controlli di frontiera l’aeroporto di Ronchi dei Legionari e il porto di Monfalcone). Sul tema il prefetto di Gorizia Raffaele Ricciardi spiega che «i controlli saranno sia statici, sia dinamici». Ed è legittimo pensare che la modalità scelta sarà simile in tutta la regione.

Nessuna indicazione ancora sul possibile utilizzo di strutture mobili (ad esempio le tensostrutture) per facilitare i controlli da parte di agenti e militari, ma c’è chi ipotizza che, se la sospensione di Schengen dovesse durare più a lungo del previsto, qualche ragionamento in tal senso potrebbe non essere escluso.

Documenti da esibire al confine tra Italia e Slovenia

Sta di fatto che, a partire da sabato, si tornerà temporaneamente alla vecchia abitudine di esibire il documento di identità per andare in Slovenia (che a sua volta ha disposto i controlli alle frontiere con la Croazia) e per fare rientro in Italia, che si tratti di andare al lavoro, di fare rifornimento o andare in gostilna la domenica.

Una temporanea restrizione alla libertà di movimento necessaria, secondo il Governo, per motivi di sicurezza. Il vicepremier Antonio Tajani giovedì ha affermato che in Italia «non ci sono minacce di attentati terroristici, però dobbiamo impedire che terroristi o foreign fighters entrino in Italia. Attraverso il corridoio dei Balcani passa anche il traffico di armi e quindi dobbiamo controllare, attraverso la frontiera tra l’Italia e la Slovenia, tutti coloro che vengono nel nostro Paese».

Anche il governatore Fedriga ha parlato della necessità di prendere decisioni non piacevoli, ma motivate dal bisogno di garantire la sicurezza ai cittadini. Ieri l’assessore regionale Pierpaolo Roberti, con delega a immigrazione e sicurezza, ha evidenziato che si tratta di una decisione «che non è stata presa a cuor leggero e siamo consapevoli che può creare dei disagi per i cittadini italiani esattamente come per quelli della Slovenia, perché i rapporti tra i territori sono quotidiani e toccano mille aspetti della vita delle persone».

Per Roberti «si tratta oggi di una scelta obbligata, se solo pensiamo a quanto è accaduto a Bruxelles e alla luce dell’attacco di Hamas a Israele: speriamo che lo stato del controllo dei confini duri il minor tempo possibile, ma per il momento questa è la decisione più giusta per la sicurezza dei cittadini».

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