Dal “Made in Friuli” ad “Aqua”: la lunga battaglia dei marchi Fvg per valorizzare cibi e vini
UDINE. Identità, valori, qualità e prodotti ci sono. Manca il sistema per farli conoscere in modo efficace nel mondo. O quantomeno in Italia, visto che la stragrande maggioranza dei connazionali non sa, per fare solo un esempio, da dove viene il formaggio Montasio, nè individua il territorio di origine dei vini bianchi tra i più apprezzati e prestigiosi.
Un problema antico, che tanti amministratori e presidenti di associazioni, hanno provato a risolvere. Sembra che l’ostacolo insormontabile sia l’irrisolta dicotomia Friuli-Trieste, il disaccordo sui simboli da proporre per veicolare l’immagine - aquila sì, aquila no -, perfino i colori che contraddistinguono qualsiasi logo. Ultima in ordine di tempo a provarci è stata l’attuale giunta regionale in sinergia con il cluster Agrifood.
Una settimana fa ha presentato il marchio “Io sono Friuli Venezia Giulia”, in versione bicolore (blu e oro) con un’aquila molto stilizzata (per alcuni fin troppo) al centro dell’immagine. L’obiettivo è quello di sempre: promuovere e valorizzare le eccellenze enogastronomiche. Non esiste al momento un testimonial, ma martedì sera lo scultore e scrittore di Erto Mauro Corona, in diretta tv durante il talk show “Cartabianca” condotto da Bianca Berlinguer, ha sfoggiato la maglietta nera smanicata con stampigliato il nuovo logo.
«È stata una scelta dello scrittore - spiega l’assessore regionale alle politiche agricole Stefano Zannier -, noi non lo abbiamo “ingaggiato”, nè è stato pagato. Ci ha telefonato dicendo che gli avrebbe fatto piacere indossare la t-shirt e parlare del Friuli e così abbiamo provveduto. Siamo ovviamente contenti che abbia esibito il marchio sul quale facciamo affidamento».
Vedremo dunque se “Io sono Friuli Venezia Giulia” avrà fortuna, oppure la sua esistenza sarà costellata da polemiche, come è accaduto in passato. In questa rapida carrellata dimostriamo come la vita, per chi voglia promuovere il Friuli, non è affatto semplice: il rischio di essere impallinati, spesso da fuoco amico, è concreto.
Gianni Bravo e il suo “Made in Friuli”
Corre l’anno 1984 e il vulcanico imprenditore e politico di razza Gianni Bravo (solida militanza nel Psi craxiano) appena si insedia al vertice della Camera di commercio di Udine si inventa il “Made in Friuli”. Disegna un marchio con tre “F” che significano “furlans fevelait furlan”, ma rappresentano anche le tre province del Friuli storico.
Il marchio fa in breve tempo il giro del mondo, grazie alla collaborazione con i Fogolars sparsi nei cinque continenti, e al culmine del successo arriva ad avere 2 mila aziende associate, tutte quelle del cibo e del vino, oltrechè di molti altri settori industriali nevralgici, dal mobile alla meccanica.
Diventa tanto famoso, quel “Made in Friuli” che perfino il New York Times gli dedica una pagina. Sembra che l’orizzonte sia infinito, invece il tempo metterà la parola fine alla favola. Nel 1993 Bravo lascia la Camera di commercio, gli subentrano nell’ordine Querini, Bertossi, Valduga, ma progressivamente il “Made in Friuli”, dopo aver rinfrescato il logo originario, si spegne. Lasciando, dietro di sè, un mare di rimpianti.
I tentativi degli anni Novanta
Consorzi di produzione e amministrazioni pubbliche si danno da fare per riempire il vuoto. Per dare sostegno dell’agroalimentare nasce il “Vigneto chiamato Friuli”, da un’intuizione di Piero Pittaro, al quale segue in anni più recenti il “Friulano and friends” dell’Ersa.
Un fermento che, nel 1993, per volontà dei Consorzi San Daniele, Montasio, Doc storiche e Latterie friulane, sfocia nel nuovo logo, “100% Friuli”, sostenuto sempre dall’Ersa, con testimonial d’eccezione la campionessa carnica Manuela di Centa, che in quegli anni stravinceva tutto - Olimpiadi e Mondiali - nello sci di fondo. Ma il marchio non sfonda e ha vita breve. Siamo punto e a capo.
La nascita di Aqua
Nel 2002 la giunta di centrodestra retta da Renzo Tondo, con legge regionale 21, istituisce il marchio “Aqua” (Agricoltura, ambiente, qualità), che parte con un budget di 125 mila euro in due anni.
Sembra un marchio di secondo piano o quantomeno di “nicchia”, ma in realtà ha attraversato indenne giunte di colore diverso (Illy, Tondo, Serracchiani, Fedriga) ed è attivo anche oggi. L’ex assessore del Pd Cristiano Shaurli ha dato ad Aqua una rinnovata dignità, tanto che ha ottenuto il riconoscimento dell’Ue.
Tipicamente... polemiche
Il 2010 rappresenta un’altra tappa miliare nella storia dei marchi di valorizzazione. Vede la luce, accompagnato da una dotazione finanziaria importante (per alcuni eccessiva), il “Tipicamente friulano”, voluto dall’allora assessore Claudio Violino. Il logo con l’aquila lo si trova dappertutto, dal Vinitaly a ogni manifestazione di rilievo.
Perfino alla Barcolana del 2012, scatenando le polemiche di Trieste, che rifiuta di associare la regata velica più partecipata al mondo al nome “Friuli”. La giunta Serracchiani abolisce il “Tipicamente friulano” nel 2014, la Provincia di Udine targata Lega prova ad accaparrarsi il logo, senza risultati di rilievo. Il resto è cronaca di oggi.
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