Dal mito dei Levis’ 501 alle code al Mississippi Pavan lascia Ulysses a uno dei dipendenti

L’uomo che anticipava la moda ha vestito generazioni di pordenonesi Gli inizi da tappezziere, la scalata, il successo. Ora la meritata pensione 

l’intervista

laura venerus

Ha vestito generazioni di pordenonesi, ma non soltanto, con lo stile unico e inconfondibile di marchi di moda per la prima volta in città. Per acquistare i mitici Levi’s 501 decine di ragazzi facevano la fila davanti al Mississippi di vicolo della Acque. Manager da tutt’Italia si rivolgevano nei suoi negozi dove trovavano quello che nelle grandi città si poteva reperire girando quattro-cinque punti vendita.

Giancarlo Pavan, 77 anni, fa parte di una generazione di commercianti che ha saputo tenere alto il nome di Pordenone anche oltre i confini locali.

A fine luglio andrà in pensione lasciando il negozio che ancora gestisce, Ulysses Casual, al suo dipendente Mattia Cipolat, così come aveva fatto alcuni anni fa con l’Ulysses Elegance, “ereditato” da Stefano Erodi.

Pavan, nato a Venezia, è giunto con la famiglia a Pordenone quando aveva 5 anni.

Fin da bambino ha dimostrato di amare tessuti e abbigliamento: la sua passione era usare la macchina da cucire della mamma.

Nel 1965 ha aperto un laboratorio di tappezzeria in viale Venezia dove produceva tendaggi, divani e tappezzerie di qualità che hanno allestito importanti sedi cittadine. Nel 1975 la svolta, con l’apertura del Mississippi in vicolo delle Acque. «Sono stato io a portare i jeans a Pordenone – ricorda –. Ricordo ancora la fila di ragazzi che aspettavano di entrare in negozio, tutto in legno come i saloon americani».

Negli anni Ottanta l’espansione e l’apertura di altri negozi: Mississippi Jeans, Mississippi Junior, Mississippi boots and shoes, Mississippi a Spilimbergo e Lignano, poi Ulysses, dallo stile inglese, in corso Garibaldi, Ulysses donna, Il Buco (con abbigliamento Fiorucci), Wp Store.

«Nei miei negozi costruivo il look, creavo il personaggio, non seguivo la moda, la anticipavo: non mi piace la standardizzazione, ma la personalizzazione nel vestire – spiega Pavan –. Ed è quello che manca oggi in città. Pordenone sta perdendo identità: è un aspetto che si può notare anche nel commercio, ormai fossilizzato, tutto uguale».

Pavan auspica, quindi, che la città assuma un ruolo trainante, che sappia proporre qualcosa di nuovo, di ricercato. «Abbiamo perso il piacere e l’attrattività della passeggiata perché non ci sono negozi trainanti – continua Pavan – e non si punta allo sforzo della ricerca, uno sforzo che appaga moltissimo».

Si è persa anche la curiosità della proposta. «Ricordo quando già nel 1976 occupavo il giardino della fiera oppure villa Policreti, il Dream Village e i locali di Lignano con le sfilate per promuovere le nuove stagioni: erano momenti di grande interesse e partecipazione che non si vedono più» osserva.

Nella sua lunga carriera Pavan ha raccolto numerosissimi premi e riconoscimenti, tra i quali la miglior vetrina Levi’s nel 1976, il premio Pordenone che lavora nel 1982 e nel 2017 l’aquila di diamante assegnata da Ascom ai maestri del commercio.

«Sono tutti risultati che ho raggiunto nel corso di una vita lavorativa ricca e votata alla ricerca, ma che non avrei mai raggiunto se non ci fosse stata a fianco mia moglie Patrizia, che ringrazio molto – conclude Pavan –. L’augurio per la città è che sappia scrivere ancora tante pagine belle di un futuro ricco e gratificante». —

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