Dal telefono al cancello. I reperti fatti sparire

Per il Gup condotte poco compatibili con l’innocenza. L’imprenditore ha incendiato i vestiti indossati quel giorno
ANTEPRIMA vane, le ricerche della pistola
ANTEPRIMA vane, le ricerche della pistola

Condotte ben poco compatibili con la condizioni di innocenza. Il Gup del Tribunale di Udine, Andrea Odoardo Comez, definisce così la serie di comportamenti che Paolo Calligaris ha messo in atto a partire dall’11 novembre 2008, giorno dell’omicidio della compagna Tatiana Tulissi. Di più: nelle motivazioni della sentenza con la quale l’imprenditore friulano è stato condannato a 16 anni, si parla chiaramente di eliminazione sistematica delle fonti di prova e di situazioni che fanno deporre a favore della sua responsabilità nell’episodio di sangue.

A partire dalle fasi immediatamente successive all’uccisione della trentaseienne. Calligaris (difeso dagli avvocati Alessandro Gamberini, Rino Battocletti e Cristina Salon), ha più volte dichiarato di aver tentato a lungo di rianimare la fidanzata, ma l’autopsia non ha rivelato sullo sterno della donna le tracce della compressione toracica.

E poi ci sono quelle che vengono definite dal giudice come condotte ostative alle indagini sui reperti classificati come corpi di reato. Ad esempio il cellulare di Paolo, sotto sequestro soltanto nei tre giorni successivi all’omicidio: Calligaris ha ammesso di essersene disfatto tempo dopo, annegandolo nella laguna di Grado. L’imprenditore ha poi bruciato e distrutto gli indumenti indossati il giorno della morte di Tatiana. Ci sono poi le modifiche apportate alla villa di via Orsaria, progettate ancora con l’immobile sotto sequestro: una parete di cartongesso tirata su al posto della porta d’ingresso al seminterrato dove la giovane donna era stata trovata ormai morta dai soccorritori.

Un trattamento ad hoc anche per il cancello basculante del garage, su cui era rimasta traccia di un foro di proiettile: Paolo aveva distrutto con il fuoco il portone, prima di affidarlo a una ditta specializzata nello smaltimento dei rifiuti. C’è poi l’episodio legato all’uccisione di due cuccioli di pitbull, che erano stari regalati a Calligaris prima dell’autunno del 2008: la famiglia non li voleva e lui li aveva freddati con un fucile calibro 22 e sotterrati nella tenuta della Sdricca. Anni dopo, nel pieno delle indagini, aveva fatto sparire i resti delle bestiole, impedendo agli inquirenti di recuperare le carcasse e le eventuali ogive che potevano essere in qualche maniera messe in relazione con l’omicidio della Tulissi.

Per l’accusa (rappresentadal pm Marco Panzeri) Calligaris voleva che sulla vicenda calasse il silenzio. Ed è per questo che nel 2011 si iscrive a Facebook con lo pseudonimo di Gina Tondo. Con questo profilo inizia a scrivere al fratello di Tatiana, Marco Tulissi, che pochi mesi prima aveva aperto una pagina in memoria della sorella. Paolo invia poesie, scrive spesso e poi invita il parente della vittima a chiudere la pagina, accusandolo di infangare la memoria della donna. —

Chr.S.

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